Amministratori

La multa fatta dall'ausiliario del traffico è valida se c'è la delibera comunale

di Federico Gavioli

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 6647/2017, nel rigettare il ricorso di un contribuente ha affermato che la multa per infrazione alla violazione del codice della strada è valida se il Comune dimostra di aver conferito, con propria delibera, l'incarico all'ausiliario del traffico.

Il contenzioso
Il Tribunale con sentenza del marzo 2015, aveva rigettato l'appello proposto da un contribuente avverso la sentenza del Giudice di pace e nei confronti della Prefettura, confermando il rigetto dell'opposizione all'ordinanza prefettizia e al verbale di contestazione che, aveva accertato la violazione dell'articolo 7 (regolamentazione della circolazione nei centri abitati) del codice della strada.
La vettura del ricorrente era in sosta nel parcheggio, all'interno dello stallo blu a pagamento, senza l'esposizione della scheda di parcheggio.
Il Tribunale ha osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la delimitazione degli stalli, che lungo la strada fiancheggiavano la carreggiata, non era impeditiva del transito di una fila di veicoli, né rilevava l'assenza di striscia bianca di delimitazione tra area di parcheggio e carreggiata di transito, a fronte della individuazione degli stalli destinati al parcheggio a pagamento con strisce di colore blu.
I giudici di secondo grado rilevavano che gli ausiliari del traffico, che avevano proceduto a rilevare l'infrazione, erano dotati di potere accertativo, come da delibera di conferimento di incarico a tempo indeterminato, indicata dall'amministrazione convenuta e l'atto di accertamento era specifico, in quanto indicava la norma violata. Avverso la sentenza sfavorevole il contribuente è ricorso in Cassazione.

Un precedente analogo
Sullo stesso argomento vale la pena evidenziare quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n.21268/2014; in tale occasione i giudici di legittimità avevano affermato che era valida la multa per la sosta sulla zona pedonale se l'ausiliario aveva l'autorizzazione del Comune a svolgere tali attività. La Cassazione evidenziava che l'articolo 17, comma 132, della legge 127/97 ha stabilito che i Comuni possono «con provvedimento del sindaco, conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta a dipendenti comunali o delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione». Al comma 133, poi, lo stesso articolo dispone che le funzioni sono conferite anche «al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico».
A questo personale sono poi conferite le funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico. Dalla normativa emerge che il legislatore «ha inteso conferire agli ausiliari del traffico, ai fini di semplificare l'attività amministrativa, il potere di prevenire e accertare infrazioni al codice della strada in alcune ipotesi tassative. Una prima ipotesi è costituita dalle infrazioni concernenti la sosta di autoveicoli nelle aree soggette a concessione di parcheggio, in ordine alla quale le funzioni di prevenzione e accertamento possono essere svolte dagli stessi dipendenti della società concessionaria. Una seconda, concernente la sosta nell'ambito del territorio del Comune, nella quale le funzioni di prevenzione e accertamento delle relative infrazioni sono attribuite ai dipendenti comunali. Una terza, si riferisce agli ispettori delle aziende di trasporto pubblico urbano, ai quali è conferito il controllo della sosta non solo sulle corsie riservate ai mezzi pubblici, ma anche nell'intero territorio comunale».
Nel caso in esame la Cassazione ha confermato che l'accertatore «fosse stato nominativamente individuato con specifico provvedimento di investitura»; pertanto, i giudici di legittimità avevano accolto il ricorso del Comune.

La sentenza della Cassazione
Con riferimento alla sentenza in commento, i giudici di legittimità evidenziano che il ricorrente tra le diverse motivazioni di censura della sentenza dei giudici del merito, aveva denunciato la violazione di legge (articolo 17, commi 131 e 132, della legge n. 127 del 1997) e vizio di motivazione in relazione alla mancata indicazione, nel verbale di accertamento, del provvedimento dal quale derivava il potere di accertamento e contestazione, in capo agli ausiliari del traffico, che avevano proceduto a rilevare l'infrazione.
Per i giudici di legittimità la motivazione è priva di fondamento. Il Tribunale ha dato atto dell'esistenza di una delibera comunale relativa all'incarico a tempo indeterminato conferito all'ausiliario del traffico che aveva proceduto alla contestazione, così facendo corretta applicazione del riparto dell'onere della prova.
La legittimazione degli ausiliari del traffico ad accertare e contestare le violazioni a norme del codice della strada, concernenti le disposizioni in materia di sosta, è ricondotta al possesso di requisiti specifici fissati dalla legge che devono essere recepiti negli appositi provvedimenti amministrativi di nomina, e, qualora nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento tale potere sia contestato, grava sull'autorità amministrativa convenuta l'onere di provare la legittimità della loro nomina.
Per i giudici di legittimità deve essere esclusa in ogni caso la nullità del verbale di contestazione. Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, i vizi formali del provvedimento sanzionatori non possono considerarsi rilevanti di per se stessi, ma solo in quanto abbiano illegittimamente impedito la difesa inerente alla contestazione, e poiché la funzione del verbale notificato al contravventore è quella di portare a conoscenza del medesimo gli estremi della violazione, la validità della contestazione, quale che sia la forma usata, è condizionata unicamente alla sua idoneità a garantire l'esercizio di detto diritto, al quale essa è preordinata, e solo la accertata inidoneità a tal fine può essere causa di nullità del verbale e della successiva ordinanza-ingiunzione .

La sentenza della Corte di cassazione n. 6647/2017

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