Amministratori

Società controllate, l’Anac spinge sul modello 231

di Marco Rossi

Il recente aggiornamento delle Linee guida anticorruzione e trasparenza dell'Anac relative alle società e agli enti di diritto privato (sia controllati sia «semplicemente» partecipati) rafforza il ruolo dei modelli 231 ai fini dell'applicazione delle logiche della legge 190/2012, anche mediante la revisione del ruolo e della configurazione dell'organismo di vigilanza. Si tratta di un'utile evoluzione nella prospettiva del migliore coordinamento e della migliore integrazione tra diversi strumenti che perseguono le medesime finalità di fondo, legate al progressivo adeguamento dei livelli di «organizzazione dell'organizzazione» nella prospettiva della prevenzione delle fattispecie di reato, del contrasto di comportamenti connotanti mala gestio e dell'esonero da responsabilità degli organi preposti qualora le misure adottate siano ritenute efficaci. Già con le Linee guida del 2015 l'Anac aveva spinto verso un'integrazione tra i due approcci, prevedendo l'inserimento nell'ambito del modello 231 delle misure per la prevenzione della corruzione, fatta salva la possibilità – nella loro assenza – di predisporre un apposito e specifico piano anticorruzione.

L’aggiornamento dell’Anac
L'aggiornamento delle linee guida pubblicato, seppure ancora per la fase della consultazione, rafforza tale impostazione, spingendo ulteriormente nella direzione dell'introduzione dei modelli 231 nell'ambito delle società pubbliche, quale “perno” su cui incardinare anche la programmazione ed implementazione delle misure richieste secondo le logiche dell'anticorruzione. In relazione alle società controllate, infatti, si stabilisce che l'adozione del modello 231 è «fortemente raccomandata» e che, anzi, le società (controllate) che decidono di non adottarlo, limitandosi a predisporre il documento contenente esclusivamente le misure anticorruzione («piano anticorruzione») sono tenute a motivare specificamente tale scelta. Tra l'altro, l'Anac verificherà, in coerenza con tale impostazione, l'adozione e la qualità delle misure di prevenzione della corruzione e monitorerà lo stato di adozione del «modello 231», allo scopo di riscontrare la realizzazione delle azioni e misure previste. A tale scopo, è giustamente sottolineato come gli obiettivi organizzativi e individuali collegati al modello integrato devono essere coordinati con tutti gli altri strumenti di programmazione e valutazione all'interno della società o dell'ente.

Rapporto tra Oiv e responsabile della prevenzione
In tale quadro di riferimento, in più, l'Autorità ridefinisce la correlazione tra l'organismo di vigilanza (figura peculiare e fondamentale nell'ambito delle logiche 231) e il responsabile della prevenzione della corruzione, limitando la sovrapposizione e favorendo la distinzione dei ruoli, pur nella prospettiva del coordinamento e della collaborazione. Con le linee guida originarie, infatti, era auspicato che, nelle società in cui l'organismo di vigilanza era collegiale e si prevedeva la presenza di un membro interno, quest'ultimo svolgesse anche le funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione, con una soluzione in grado di assicurare il migliore collegamento funzionale tra le diverse figure.
Ora, con l'aggiornamento, viene intanto recepita l'unificazione tra il responsabile della trasparenza e dell'anticorruzione ma viene soprattutto rivista la scelta del 2015, alla luce delle novità recate dal Dlgs 97/2016, che rafforzano il ruolo dell'Oiv in relazione all'attestazione degli obblighi di pubblicazione, alla ricezione delle segnalazioni e alla verifica della coerenza con gli strumenti di programmazione. Si rende così necessario individuare, anche nell'ambito delle società controllate, il soggetto più idoneo allo svolgimento delle medesime funzioni e attività, facendo richiamo – in tale caso - all'organismo di vigilanza, i cui riferimenti devono essere chiaramente riportati nella sezione relativa all'«Amministrazione trasparente». Di conseguenza, secondo l'Anac, si deve ora escludere che il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza possa fare parte dell'organismo di vigilanza, anche nell'ipotesi in cui questo sia composto in forma collegiale, allo scopo di preservare la terzietà di questo organo nella valutazione delle segnalazioni trasmesse dal responsabile. Fermo restando che, in ogni caso, data la stretta connessione tra le misure di cui al Dlgs 231/2001 e le misure introdotte dalla legge 190/2012, le funzioni del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dovranno essere svolte in costante coordinamento con quelle dell'organismo di vigilanza, anche in ordine all'elaborazione e individuazione delle misure da adottare.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©