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Per la Corte dei conti rischio fallimento per i liberi consorzi siciliani

di Nino Amadore

Si chiamano Liberi consorzi di comuni e Città metropolitane ma di fatto si potrebbero ancora chiamare Province regionali. Perché ancora oggi un vero e proprio cambio non c'è stato nonostante la Sicilia abbia approvato non una ma almeno cinque leggi di riforma delle province. Ed è questo solo uno dei tanti aspetti affrontati dalla Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana presieduta da Maurizio Graffeo nella relazione depositata in sede di audizione di fronte alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.

Il commissariamento
In Sicilia la fase transitoria dura dal 2013, anno della prima legge di riforma, e i nove enti di area vasta continuano a operare «con gli statuti, i regolamenti, le risorse umane, strumentali e finanziarie delle ex Province regionali, esercitando ancora le funzioni precedentemente svolte». Non solo, a parte le tre aree metropolitane (Messina, Catania e Palermo) al vertice delle quali si trovano i sindaci dei rispettivi capoluoghi, i sei restanti Liberi consorzi che corrispondono alle aree di altrettante province, sono retti da commissari sin dal lontano 8 aprile 2014 e continueranno a essere retti da commissari almeno fino al 31 dicembre di quest'anno sulla base dell'ennesima proroga decisa dal parlamento regionale con la legge n. 2 del 26 gennaio di quest'anno.
Ma i problemi non finiscono qui. Anzi tutt'altro. Perché questa interminabile transizione ha avuto, spiegano i magistrati della Corte dei conti, conseguenze sulla gestione degli enti territoriali di area vasta sia sul fronte della gestione del personale che su quello della gestione dei servizi e ancora su quello delle entrate e della spesa in generale.

I trasferimenti
Per quanto riguarda le entrate si assiste da un lato a un forte ridimensionamento dei trasferimenti statali che subiscono una flessione del 91,9% e nel triennio 2012-2014 passano da 90,3 milioni a 7,2 milioni del 2014 mentre negli esercizi 2015 e 2016 subiscono una crescita (attestandosi rispettivamente a 151 e a 121 milioni) «per via dell'erogazione straordinaria di trasferimenti erariali pregressi, in parte scaturenti da riscossione di partite creditorie molto datate». I trasferimenti regionali, invece, crescono e passano per esempio da 50,6 milioni del 2015 a 112 milioni del 2016 (tenendo conto anche di trasferimenti straordinari). Per il 2017, scrivono i magistrati contabili, «il governo regionale risulta impegnato a confermare per i liberi consorzi comunali e le Città metropolitane i trasferimenti regionali del 2016 (53 milioni), incrementati di 70 milioni». L'andamento dei trasferimenti non è compensato dalle entrate tributarie che si riducono dell'11,7 per cento.

Il personale
Altro capitolo è quello del personale che tra il 2012 e il 2016 ha subito una riduzione del 19 per cento, soprattutto a causa del blocco del turn over: le unità in servizio sono passate da 6.013 a 4.914. Per i magistrati contabili «la mancata ricollocazione del personale in esubero, altrove portata a termine con successo, fa aumentare i livelli di spesa».
La spesa corrente, a causa dell'incidenza dei contributo alla finanza pubblica, passa dai 388,7 milioni del 2015 ai 429,4 milioni del 2016. «Al netto delle voci etero determinate (in cui rientrano anche i cosiddetti trasferimenti negativi) – si legge nella relazione – la spesa scenderebbe, rispettivamente a 333,25 milioni del 2015 e 299,54 milioni del 2016».

La delibera della Corte dei conti Sicilia n. 75/2017/AUD

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