Amministratori

Per i politici locali incarichi professionali pagati se fuori provincia

Per i professionisti che occupano un posto da sindaco o consigliere comunale (oppure da Presidente o consigliere di Regione) torna la possibilità di farsi pagare dalla pubblica amministrazione la propria attività professionale, a patto che sia svolta fuori provincia per i politici comunali o fuori regione per quelli regionali.

Le nuove regole
In questo modo la manovrina prova a rimediare a un inciampo creato dalle norme “moralizzatrici” del 2010, quelle che (in particolare l’articolo 5, comma 5 del Dl 78/2010) avevano imposto la gratuità a tutti gli incarichi conferiti dalle Pa ai titolari di incarichi elettivi. La regola era stata pensata per tagliare i costi indiretti della politica, alimentati dal mercato delle consulenze nelle assemblee più ricche (Parlamento e consigli regionali in primis), ma ha avuto un effetto collaterale su migliaia di professionisti impegnati a livello comunale, che si sono visti tagliare la possibilità di lavorare per tutte le pubbliche amministrazioni italiane dopo aver spuntato un seggio anche in un piccolo Comune, dove le indennità sono mini o inesistenti e quella svolta con la Pa è la propria attività professionale.

L’orientamento interpretativo
Dal paradosso è nata una ricchissima attività interpretativa, che però non ha potuto fare più di tanto: dalla tagliola ministero dell’Interno e Corte dei conti hanno escluso i revisori dei bilanci, sulla base della specialità del loro incarico. Ma per chi fa l’architetto, oppure l’ingegnere o l’avvocato, però, basta un posto nel più piccolo consiglio comunale per bloccare ogni possibilità di pagamento da parte della Pa. La Corte dei conti del Veneto aveva portato la questione fin sui tavoli della Consulta, ma ora interviene la manovrina: se il testo ufficiale confermerà le ipotesi di questi giorni, gli incarichi torneranno “liberi”, ma solo fuori provincia.

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