Amministratori

Doppia incognita sulle regole per le società miste

di Stefano Pozzoli

Un tema toccato solo marginalmente dal Dlgs 175/2016 è quello delle società miste.
È pur vero che anch'esse, se «controllate», vi rientrano sotto molti aspetti, ma il Rapporto sulle partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche del Mef ricorda che solo il 52% delle partecipate dirette registrano una prevalenza di capitale pubblico (e non è detto che siano controllate).
Anche il Codice degli appalti in realtà si occupa poco di queste figure, stabilendo, all'articolo 1, comma 3, che «alle società con capitale pubblico anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che non hanno ad oggetto la produzione di beni o servizi destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, si applica la disciplina prevista dal Dlgs 175/2016».
Giova ricordare, ancora, che in base all’articolo 8 dello stesso decreto legislativo, sono escluse dal Codice degli appalti le attività direttamente esposte alla concorrenza. Pertanto, una azienda anche totalmente pubblica, ma operante sul libero mercato di fatto non ha obblighi in materia.

Requisiti soggettivi
Un punto delicato è rappresentato dal significato di «organismo di diritto pubblico». Per l'articolo 3, comma 1, lettera d), del Dlgs 50/2015 corrisponde a qualsiasi soggetto giuridico istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale la cui attività sia finanziata in modo maggioritario o sia soggetto al controllo o i cui membri del Cda siano per la maggioranza designati da pubbliche amministrazioni (anche senza controllo il requisito del controllo, par di capire).
In realtà cosa intendere per organismo di diritto pubblico non è banale, al punto che il Consiglio di Stato non sempre è stato univoco (si veda la ricostruzione nella decisione del Consiglio di Stato n. 108/2017). Molto chiara, comunque, è la sentenza del Consiglio di Stato n. 1574/2012, per la quale l'organismo di diritto pubblico è assimilabile a un ente pubblico istituzionale mentre l'impresa pubblica è analoga all'ente pubblico economico, che soggiace alle normali leggi di mercato. È dirimente, dunque, la finalità dell'ente e il suo orientamento, almeno in astratto, verso la redditività, che dovrebbe naturalmente spingerla alla compressione dei costi di acquisto.

L’esenzione dal Codice Appalti
L'articolo 17 del Dlgs 175/2016, dunque, si rivolge a quelle società miste che non siano considerabili organismi di diritto pubblico e prevede una particolare, ma logica, esclusione dal Codice degli appalti per quelle società in cui la scelta del socio privato sia avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica; il socio privato abbia i requisiti di qualificazione previsti dal Codice degli appalti e la società provveda in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo. Quest'ultimo “paletto” risponde alla necessità di evitare che il partner privato, dopo avere superato una gara a doppio oggetto, debba comunque ripetere la procedura competitiva per i suoi stessi servizi. Si deve però notare che vi è una importante differenza tra la norma previgente (articolo 32, comma 3, del vecchio Codice) e l'articolo 17, comma 6, del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica: il primo specificava che l'esenzione era possibile limitatamente ad acquisti dal socio privato. Oggi, però, il «limitatamente» è scomparso e sembra, fermo il 70% di cui sopra, che non sia soggetto a gara qualsiasi acquisto collegato all'opera o al servizio necessario per la vita della società.
Il Consiglio di Stato nel suo parere allo schema di decreto correttivo del Dlgs 175/2016, osserva appunto che «non è chiaro se debba – come prevedeva il previgente Codice degli appalti – ricorrersi alla gara, ad esempio, per gli acquisti collegati all'opera da realizzare o al servizio da gestire ma comunque necessari per la vita della società». Sarebbe bene, invece, che fosse chiaro.

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