Amministratori

Un milione alle fusioni di Comuni, la manovrina incalza le Regioni in ritardo sulle regole

di Ettore Jorio

Un maggiore contributo agevolativo statale di un milione per un biennio, prescindendo dalla consistenza demografica del nuovo ente, per le fusioni che si perfezioneranno nel corrente esercizio. Ciò sempreché si rinvenga la necessaria capienza nella somma dei trasferimenti goduti nel 2010 dai Comuni che vi partecipano, dei quali il nuovo Comune può godere per un decennio, fino a una concorrenza massima di due milioni di euro annui, oggi incrementabili di un milione per il primo biennio (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 13 aprile 2017). È quanto sancito nell'articolo 21 del Dl 24 aprile 2017 n. 50.

Le politiche aggregative locali
A ben vedere il Governo ha deciso di investire tanto sulle politiche aggregative locali, nel senso di dare gas finanziario alle fusioni, strumentali a fare diminuire sensibilmente il numero dei Comuni, in linea con le politiche concentrative comunitarie in tal senso, già in atto in diversi Stati membri dell'Unione europea. Un modo, questo, per restringere il numero dei referenti locali e stimolare quell'economia di scala che farebbe certamente bene alle tasche dei cittadini e alla qualità dei servizi dai medesimi goduti su scala municipale. Ma anche il modo per rilanciare i Comuni attraverso dei veri e propri piani industriali destinati a incrementare il Pil locale, finanziati con risorse straordinarie milionarie da non disperdere per coprire buchi/deficienze di bilancio ovvero per incrementare, inutilmente, la platea dei dipendenti.

Regioni e Comuni al lavoro
Dunque, incrementerà la corsa alle fusioni sulle quali le Regioni, sino a oggi in netto ritardo e con prodotti legislativi non al top, dovranno impegnarsi per elaborare una disciplina di tutto rispetto. In proposito, occorre una regolazione esaustiva, che metta anche la parola fine alla necessità di imporre o meno quorum referendari, tali da garantire la riassunzione della rappresentatività diretta agli elettori nel decidere siffatti decisivi cambiamenti del loro vivere civile.
Quanto alla individuazione delle procedure da seguire omogeneamente, si rende indispensabile, da parte di tutte le Regioni, che vengano scanditi legislativamente gli step procedurali attraverso i quali i Comuni dovranno esercitare l'avvio del relativo procedimento. Per far in modo che tali iniziative abbiano una obiettiva base di sostegno tecnico, non potranno prescindere da una accurata elaborazione degli atti ad esse presupposti. Nondimeno dovranno essere elaborati i necessari studi di fattibilità dell'iniziativa, il programma riorganizzativo sotto il profilo della relativa offerta amministrativa, l'ipotesi del bilancio di fusione, al lordo dei trasferimenti straordinari con conseguente dettagliata previsione del loro utilizzo, una ipotesi di programmazione del territorio e, infine, una ipotesi di statuto rappresentativo della sintesi della volontà regolamentativa del nuovo ente. Ciò allo scopo di rendere corretta l'informazione sociale fondamentale per i cittadini per affrontare con coscienza e consapevolezza l'esperimento referendario.
Una procedura di approccio che, nella fase preliminare, potrebbe assumere l'opinione allargata sul tema, magari utilizzando, in via preventiva, le recenti e diffuse metodiche sviluppate attraverso i social network per acquisire un consenso di massima dei cittadini interessati, per far sì che l'impulso dei singoli Comuni corrisponda alla reale volontà dei rispettivi rappresentati.

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