Amministratori

Revisori dei conti, commercialisti e Ancrel rilanciano l’allarme su compensi e indipendenza

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di Gianni Trovati

Le dimissioni di Antonio Porcaro dalla presidenza del collegio dei revisori della Regione Campania diventa un caso nazionale, perché alla base ci sono tutti i nodi irrisolti su status e ruolo dei guardiani professionali dei conti. A rilanciare il tema sono il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e l'Associazione nazionale dei revisori dei conti Ancrel, che tornano a chiedere a governo e Parlamento di occuparsi di un tema dimenticato nei fatti dalla politica nonostante le promesse ripetute di questi mesi.
«Se il collegio dei revisori è un presidio di legalità – scrivono il presidente del Cndcec Massimo Miani e il presidente dell'Ancrel Antonino Borghi – ne discende, quale logico corollario, la necessità di prevederne e favorirne il corretto e completo incardinamento nel sistema ordinamentale di ogni amministrazione». Da risolvere c'è la contraddizione fra un insieme di norme che moltiplicano compiti e impegni dei revisori e la possibilità lasciata alle amministrazioni di trattare i professionisti come terzo incomodo, limitandone prerogative, spazi d'azione e status. Da questo punto di vista la vicenda di Porcaro è esemplare, perché le dimissioni sono arrivate dopo ripetute richieste di incontri con il presidente della Regione Vincenzo De Luca per affrontare problemi di staff e di compensi. Proprio quello dei compensi è uno dei punti dimenticati dalla politica: le norme ne prevedono un aggiornamento triennale, ma gli importi sono fermi dal 2005 e non arrivano a 18mila euro lordi all'anno nelle amministrazioni più grandi. «Il considerevole investimento professionale richiesto per questi delicati incarichi – scrivono i professionisti nella nota congiunta – non può continuare a essere mortificato da compensi inadeguati, dalla mancanza di prospettive di continuità professionale e da situazioni che rischiano di pregiudicare qualità e indipendenza»

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