Amministratori

La diffida del cittadino non sempre «obbliga» la Pa ad adempiere

di Federico Gavioli

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2099/2017, ha affrontato l'interessante questione del corretto comportamento che la pubblica amministrazione deve adottare in caso di diffida ad adempiere da parte di un cittadino; i giudici amministrativi hanno ritenuto che la scelta del silenzio che la pubblica amministrazione ha adottato nei confronti della richiesta di commissariamento di un ente, da parte di un cittadino, è privo di conseguenze.

Il caso
Un cittadino si è dichiarato socio di un Automobile club territoriale, ente pubblico associato all'Automobile club d'Italia e sottoposto alla vigilanza del ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Nel corso dell'anno 2016, l'Automobile club locale non ha provveduto ad approvare il proprio bilancio per l'anno precedente, così come richiesto dall'articolo 47 dello statuto dell'Aci. Per tal ragione, il Consiglio direttivo dell'Aci nazionale ha proposto al Mibact la nomina di un commissario straordinario.
Il cittadino ha inviato allo stesso ministero, una propria diffida, con identica richiesta di commissariamento dell'Automobile club in questione.
Poiché il Mibact non ha dato risposta né alla richiesta del Consiglio direttivo, né alla diffida del cittadino, quest'ultimo ha allora proposto ricorso contro il ritenuto silenzio inadempimento dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 117 del Cpa.
Il Tar ha accolto il ricorso, e ritenuto che, dopo l'iniziativa del Consiglio nazionale il quale si sia determinato a richiedere un commissariamento, il ministero abbia un obbligo giuridico di pronunciarsi, e che di tal obbligo possa richiedere l'adempimento anche il singolo socio dell'Automobile club locale interessato.
Avverso la sentenza sfavorevole il Mibact si è appellato al Consiglio di Stato sostenendo che il ricorrente non avrebbe provato la propria qualità di socio, e in secondo luogo, quand'anche la rivestisse, non potrebbe ritenersi legittimato a ottenere il provvedimento richiesto, perché sarebbe illogico sostenere un obbligo di pronunciarsi sulla domanda di ciascun singolo socio.

L'analisi del Consiglio di Stato
I giudici amministrativi evidenziano che il cittadino ha provato, con la produzione della tessera, che non è stata contestata, la propria qualità di socio dell'Automobile club locale, si deve però escludere che in tale sua qualità potesse pretendere dal Mibact una qualsiasi risposta alla diffida da lui proposta.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa l'obbligo della pubblica amministrazione di provvedere sull'istanza di un privato non è stabilito in via generale, ma va ravvisato solo quando si possa desumere da una norma di legge puntuale, ovvero anche da una norma di principio, che sia però, all'evidenza, chiaramente interpretabile in tal senso. La regola, secondo l'orientamento giurisprudenziale consolidato, è espressione dello stesso principio di buon andamento di cui all'articolo 97 della Costituzione, poiché un obbligo generale come quello che si esclude costringerebbe, in ultima analisi, l'amministrazione ad un impegno sproporzionato di risorse di fronte a qualsivoglia istanza, per assurdo anche manifestamente infondata o soltanto emulativa.
Il Consiglio di Stato rileva che sull'argomento oggetto del contenzioso amministrativo non vi sono precisi orientamenti legislativi; in tale senso la norma non dice molto e l'articolo 15, comma 1-bis, del Dl 98/2011, si limita a prevedere il potere del ministero di procedere al commissariamento, fra l'altro, per la generalità degli enti dissestati.
Nel caso in esame la sentenza impugnata dal Mibact, individua la norma fonte dell'obbligo di attivarsi in una pretesa norma di principio, per cui «superata la condizione di ammissibilità costituita dall'esame del Consiglio Generale dell'Aci, le sollecitazioni al commissariamento provenienti dai soci si devono ritenere finalizzate a conseguire un obiettivo di interesse pubblico». I giudici evidenziano che si tratta, tuttavia, di una affermazione non dimostrata, perché non si spiega per qual ragione la delibera del Consiglio dovrebbe avere tale efficacia.
Pe il Consiglio di Stato sono legittime le motivazioni del Mibact: i soci di ogni Automobile Club sono comunque molto numerosi e, a livello nazionale, si avvicinano al milione di persone. Ritenere che ciascuno di loro possa indirizzare al ministero un'istanza che obbliga a provvedere costituirebbe allora una potenziale grave turbativa nell'attività del ministero stesso, e ciò vale sia in presenza, sia in assenza di una richiesta di commissariamento, alla quale non può quindi essere riconosciuto alcun valore di condizione di ammissibilità.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 2099/2017

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