Amministratori

Pubblicata in Gazzetta la circolare ministeriale sul Foia

di Carmine Podda

Sulla Gazzetta ufficiale del 13 luglio è stata pubblicata la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della Funzione pubblica, n. 2 del 2017, di attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (Foia), che fa seguito al decreto Madia n. 97 del 2016 di modifica del Testo unico sulla trasparenza (Dlgs n. 33 del 2013) ed alla delibera Anac n. 1309 del 2016 in cui sono state opportunamente illustrate le eccezioni e i limiti all’accesso agli atti.

Le istanze in materia di accesso generalizzato
I chiarimenti forniti dal Ministero contengono specifiche «raccomandazioni operative» su come gestire le istanze in materia di accesso generalizzato, istituto che si differenzia dal diritto di accesso cosiddetto «semplice» - inerente esclusivamente le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria - in quanto riconosce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle Pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, con il solo limite della tutela degli interessi giuridicamente rilevanti indicati all’articolo 5 bis del Dlgs n. 33 del 2013.
Divieto di ostensione previsto dunque solo nei casi espressamente richiamati dalla normativa: ci si riferisce, tra gli altri, ai casi di segreto di Stato, segreto statistico, segreto bancario, segreto professionale, pareri legali che attengono al diritto di difesa in un contezioso giudiziale, ed inoltre alle ipotesi in cui è previsto il divieto di divulgazione con riferimento a dati idonei a rivelare lo stato di salute o l’esistenza di patologie in capo ai soggetti interessati, piuttosto che la vita sessuale o il credo religioso, o anche ai dati identificativi di persone beneficiarie di sussidi o aiuti economici da cui è possibile ricavare la condizione di disagio sociale degli interessati.
È inammissibile quindi il rifiuto fondato su altre ragioni: ciò in quanto, sostiene il Ministero, prevale il principio della tutela dell’interesse conoscitivo; nei casi di dubbio circa l’applicabilità di un’eccezione, le Amministrazioni dovrebbero dare prevalenza all’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare.
Corollario di tale principio risulta essere l’assunto secondo cui le Pa dovrebbero favorire l’esercizio del diritto da parte dei cittadini istanti evitando di richiedere l’adempimento di formalità od oneri procedurali: è sufficiente che la richiesta «identifichi» i dati che si intendono ottenere e, in caso di richiesta «generica» o «meramente esplorativa», sarà possibile dichiarare la richiesta inammissibile solo dopo aver invitato il richiedente a specificare l’oggetto della domanda o gli elementi idonei a consentire l’identificazione dei documenti richiesti.

Le modalità di invio della richiesta e la procedura istruttoria
La Circolare inoltre si sofferma sulle modalità di invio della richiesta e sulla procedura istruttoria da seguire al fine di evadere regolarmente l’istanza.
Fermo restando che l’identificazione del richiedente, pur non necessaria ai fini dell’esercizio del diritto, è tuttavia indispensabile ai fini della corretta gestione delle domande e per scongiurare la trattazione di domande seriali o vessatorie da parte di un medesimo soggetto, si precisa che l’istanza può essere presentata oltreché con modalità tradizionale (A/R, fax, brevi manu), anche per via telematica ai sensi del Dlgs n. 82 del 2005 (Cad), considerandosi valide le istanze presentate via mail unitamente al documento di identità, a mezzo Pec, con firma digitale, o trasmesse a mezzo di sistema di identità digitale (Spid).
Sempre nell’ottica di agevolare l’esercizio del diritto di accesso generalizzato, viene segnalata l’opportunità che ogni Ente pubblico renda disponibile sul proprio sito istituzionale all’interno della pagina «Accesso generalizzato» della sezione «Amministrazione trasparente», oltreché la procedura da seguire per presentare la domanda di accesso generalizzato e i rimedi riconosciuti dalla norma in caso di mancato riscontro o di rifiuto dell’accesso, anche i recapiti degli uffici e dei soggetti che si occupano di ricevere le istanze, gli indirizzi Pec e mail deputati e la modulistica standard da utilizzare per proporre domanda di accesso e domanda di riesame.

I termini procedimentali
Quanto al rispetto dei termini procedimentali, nella dovuta considerazione dell’articolo 5, comma 6, del Dlgs n. 33 del 2013 che prevede che il procedimento debba concludersi con l’adozione di un provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni decorrenti dalla data di presentazione della domanda (quella in cui la Pa riceve la domanda, non dalla effettiva – e non necessariamente contestuale - data di acquisizione al protocollo), viene sottolineato che il termine entro il quale concludere il procedimento non è derogabile, salva l’ipotesi di sospensione fino a dieci giorni nel caso di comunicazione della richiesta al controinteressato, e che l’inosservanza del termine sopra indicato costituisce «elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’Amministrazione» ed è comunque valutata «ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili».

I limiti all’accesso
Particolare attenzione viene posta nel documento alla figura dei controinteressati all’accesso e ai dinieghi non consentiti, ed il fermo tenore con cui il Ministero tratta i due istituti alla luce del decreto Madia e delle Linee guida Anac (delibera n. 1309 del 2016) ci lascia intendere come la linea interpretativa al riguardo sia ben diversa rispetto a quella evidenziata dal Garante per la Protezione dei dati personali in un recente discutibile parere.
Il Garante infatti (parere n. 246 del 24 maggio 2017) in risposta ad una richiesta di parere avanzata dal Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del ministero dell'Interno ai sensi dell’articolo 5, comma 7, del Dlgs n. 33 del 2013 nell'ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego di un'istanza di accesso civico avente ad oggetto la copia delle prove scritte di una procedura concorsuale espletata, arriva ad una conclusione all’apparenza non in linea con lo spirito della massima trasparenza che governa il Testo unico sulla trasparenza ed il decreto Madia.
L’Organo di garanzia - distaccandosi peraltro da un consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la riservatezza relativamente agli elaborati concorsuali prodotti dai candidati in considerazione del fatto che i medesimi, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti che, peraltro, non assumono la veste di controinteressati in senso tecnico nel giudizio avverso il diniego di accesso - arriva ad affermare chel'elaborato scritto presentato a un concorso pubblico è indicativo di molteplici aspetti di carattere personale circa le caratteristiche individuali, relativi ad esempio alla preparazione professionale, alla cultura, alle capacità di espressione e può addirittura essere potenzialmente capace di rivelare informazioni e convinzioni che possono rientrare nella categoria dei dati sensibili di cui all'articolo 4, comma 1, lett. d), del Codice e risulta addirittura «suscettibile di determinare, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall'articolo 5-bis, comma 2, lett. a), del Dlgs n. 33 del 2013».
Di tutt’altro tenore la Circolare in esame: la circostanza che i dati o documenti richiesti facciano riferimento a soggetti terzi, di per sé non implica che questi debbano essere qualificati come controinteressati; occorre valutare il pregiudizio concreto agli interessi privati di cui all’articolo 5-bis, comma 2, che i potenziali controinteressati potrebbero subire come conseguenza dell’accesso.
Una volta effettuata questa valutazione e individuati i controinteressati, in caso di loro opposizione, l’Amministrazione non potrà assumere come unico fondamento del rifiuto di accesso il mancato consenso di questi ultimi, ma sarà necessario «valutare, da un lato, la probabilità e serietà del danno agli interessi dei soggetti terzi che abbiano fatto opposizione e, dall’altro, la rilevanza dell’interesse conoscitivo della collettività (e, se esplicitato, del richiedente) che la richiesta mira a soddisfare».
Spetta quindi alla Pa destinataria della richiesta, il potere di decidere sull’accesso, ferme restando le preclusioni sopra accennate di cui all’articolo 5 bis e fatte salve le ipotesi di differimento dell’accesso in caso di pregiudizio concreto e transitorio ad uno degli interessi pubblici o privati di cui al medesimo articolo.
Sono da considerare illegittimi i dinieghi fondati su motivazioni generiche quali l’argomentazione secondo cui dati o documenti richiesti risalirebbero a una data anteriore alla entrata in vigore del Dlgs n. 33 del 2013 o del Dlgs n. 97 del 2016, o perché la conoscibilità del dato o documento potrebbe provocare un generico danno all’Amministrazione o alla professionalità delle persone coinvolte.

Conclusioni
Come testimoniato dunque dei numerosi interventi dell’Anac e confermato degli indirizzi giurisprudenziali più recenti e delle linee di indirizzo applicative ministeriali, va sempre più rafforzandosi - nonostante qualche sussistente autorevole voce  fuori dal coro – il chiaro tentativo, di derivazione comunitaria, del legislatore nazionale di rendere la Pubblica amministrazione una «casa di vetro», metafora vessillo che ha accompagnato il sopraggiungere di una nuova tumultuosa stagione di riforme.

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