Amministratori

Per i patti territoriali serve il consenso di tutte le amministrazioni

di Solveig Cogliani

Il procedimento del Patto territoriale delle colline romane – Patto territoriale ai sensi dell’articolo 2, comma 203, lett. d), della legge n. 662 del 1996, previsto quale strumento negoziale per gli interventi con risorse finanziarie a carico di Amministrazioni statali, regionali e territoriali - è basato sul consenso di tutte le Amministrazioni partecipanti ed, in primo luogo, della Regione e del Comune, che sottoscrivono l’accordo di programma. È quanto afferma il Tar Lazio, Roma, Sezione II quater, con la sentenza del 7315/2017.

Il caso
Il Tar Lazio, nel respingere il ricorso della società contro l’esito della Conferenza di servizi, convocata sul progetto relativo alla realizzazione di una struttura turistico ricettiva dalla Società ricorrente nell’ambito del Patto territoriale delle colline romane, non accoglie la prospettazione dell’istante, tesa a sostenere che sostanzialmente il progetto fosse stato già approvato, operando un’attenta ricostruzione dello strumento del Patto territoriale.
Alla luce della «Guida agli adempimenti» del Patto territoriale delle colline romane sono individuate tre fasi di valutazione del Patto: la prima relativa alla presentazione del progetto, alla sua valutazione e alla pronuncia del tavolo di concertazione; la seconda concernente l’adozione delle delibere di realizzabilità/conformità da parte dei Comuni, il rilascio del parere di sostenibilità economico-finanziaria del soggetto istruttore, la convocazione del tavolo di concertazione per la definitiva approvazione dei progetti e la loro ammissibilità alla terza fase procedimentale; di seguito la redazione dei progetti definitivi, la definizione degli atti amministrativi da parte dei Comuni, l’avvio e svolgimento delle Conferenze di servizi, e la definizione degli accordi di programma, se richiesti dalla natura urbanistica dei progetti.
Ai sensi dell’articolo 34, comma 5,  del Dlgs n. 267 del 2000 (richiamato dalla Guida), solo con l’accordo di programma, che prevede l'adesione del Sindaco del Comune interessato (ratificata dal Consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza), si realizza la variante urbanistica.
Di talché solo l’accordo di programma – come definito dall’articolo 34 citato – formalizza il consenso degli Enti partecipanti. Mentre, in mancanza di tale consenso e della sottoscrizione dell’accordo di programma, il procedimento di Patto non si può considerare concluso, occorrendo all’uopo il rilascio di specifico atto.
Nel caso esaminato il Tribunale amministrativo escludeva l’esistenza dei presupposti, essendosi la Conferenza di servizi chiusa con esito negativo poiché la Regione Lazio non aveva espresso il proprio consenso, sulla base di una serie di elementi.

I Patti territoriali
La sentenza in commento richiama il consolidato orientamento della Giurisprudenza sulla natura dei Patti territoriali.  Essi si collocano nell’ambito della cosiddetta «azione amministrativa per accordi» e sono caratterizzati come uno strumento di programmazione negoziata.
A riguardo, giova precisare che la Giurisprudenza ha anche affermato che la cognizione delle controversie relative alla formazione, alla conclusione e all’esecuzione degli accordi intercorsi tra soggetti privati e Pa rientra tra quelle attribuite alla giurisdizione del Giudice amministrativo (in base all’articolo 11, legge n. 241 del 1990), mentre le controversie relative ai finanziamenti concessi nell’ambito di un Patto territoriale ex articolo 2 , comma 203 e seguenti, legge n. 662 del 1996, rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi intercorsi di cui all’articolo 11 della legge n. 241 del 1990.

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