Amministratori

Per il trasporto dei disabili pagamenti divisi tra Comuni e Asl

di Paola Rossi

Comuni e Aziende sanitarie locali concorrono paritariamente alle spese del trasporto per i disabili, a meno che non siano stati adottati, in base alle direttive regionali, specifici protocolli d’intesa sulla ripartizione degli oneri del servizio pubblico integrato socio- sanitario. E la materia del riparto dei costi è di competenza del giudice ordinario in quanto applica le regole del diritto civile codicistico e convenzionale tra i soggetti coinvolti. Non si tratta, infatti, di affermare il diritto al servizio da parte degli utenti in condizioni di handicap e neanche di verificare il potere amministrativo di ripartizione delle funzioni e degli oneri economici del servizio di trasporto disabili a fini riabilitativi tra attuali Ausl e Comuni coinvolti. Questioni che, invece, sarebbero state di competenza del giudice amministrativo. Così le sezioni Unite civili della Corte di cassazione con la sentenza n. 20494/2017 depositata ieri hanno rinviato al giudice ordinario competente la risoluzione della vicenda processuale intercorsa tra alcuni Comuni pugliesi contro l’Azienda sanitaria locale che richiedeva il ripiano totale delle spese sostenute nell’ambito del contratto di appalto per lo svolgimento del servizio di trasporto disabili a fini riabilitativi.

Servizio integrato socio-sanitario
Il punto dirimente della vicenda sta nella natura di servizio integrato socio-sanitario dove si intrecciano le finalità della cura e dell’assistenza medica (di competenza del Servizio sanitario nazionale) con quelle della riabilitazione e dell’integrazione sociale dei portatori di handicap (di cui sono competenti gli enti territoriali). L’integrazione delle competenze tra Comuni e Ssn sussiste per espressa previsione di legge nazionale (legge 104/1992, «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate») e va contemplata da leggi regionali per quanto attiene alla suddivisione delle competeneze e relativi oneri finanziari dei servizi da rendere. Nel caso specifico si trattava di uno scaricabarile tra Asl e Comuni in epoca precedente la regolamentazione regionale della materia. E, quindi come chiarisce la Cassazione, è sufficiente la norma statale che prevede genericamente il concorso alle spese tra gli enti coinvolti per far applicare la regola civilistica della solidarietà dell’obbligazione verso il terzo, che svolge in regime di concessione o per appalto il servizio integrato. In assenza di criteri di ripartizione, quindi, è esperibile la rivalsa tra chi dei due creditori abbia pagato per intero al fine di ottenere dall’altro la metà dell’onere sostenuto.

L’obbligo di pagare il servizio
I Comuni chiamati a restituire quanto pagato dall’Asl si opponevano sostenendo addirittura che l’Azienda sanitaria fosse debitrice esclusiva e che aveva perso il diritto alla restituzione delle somme, visto che aveva spontaneamente adempiuto al pagamento dell’intera obbligazione. L’Asl è chiamata, infatti, a organizzare i servizi integrati a prevalenza sanitaria co sì come i Comuni a organizzare e garantire il trasporto scolastico dei disabili ognuno chiamato rispettivamente a instaurare rapporti diretti con chi concretamente svolge il servizio. Ma come abbiamo detto nei servizi integrati in assenza dell’individuazione dell’esatte percentuali di concorso alle spese, per la Cassazione vale la regola della parità. Ovviamente - quindi - neanche l’Azienda poteva pretendere di riversare l’intero costo del servizio sugli enti locali. La ripartizione pro quota è perciò indiscutibile solo quando fissata nelle intese che enti locali e Aziende sanitarie sono chiamati a stilare in base alle regole regionali eventualmente predisposte. Da oggi, nel caso pugliese, il 60% dei costi è imputato ai Comuni e il restante alla Asl.

La sentenza delle sezioni Unite della Corte di cassazione civile n. 20494/2017

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