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Autonomia, Maroni si smarca da Zaia e segue Gentiloni

«Guardo con interesse, rispetto, disponibilità alla discussione aperta dai referendum sul tema dell’autonomia. Sono disposto a fare dei passi in avanti». Paolo Gentiloni parla a Margheria, Venezia, nel cuore di quel Veneto che domenica scorsa si è espresso in favore dell’autonomia con un’affluenza al refendum superiore al 50%. E ribadisce che la linea del governo è di massima collaborazione, naturalmente nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 116 della Costitizione. «Il Governo è pronto a un confronto di merito con le regioni sulle funzioni “concorrenti” - ha detto il premier - per avere Regioni più efficienti. Vedremo quali funzioni, vedremo a quali condizioni. Questo è possibile, anzi è probabile, nei limiti fissati dalle leggi e dalla Costituzione. Si discute di come far funzionare meglio l’Italia, e non dell’Italia. Il governo su questo ha la massima apertura ed è aperto al confronto».

La linea del premier
L’Italia non discute, dunque, e soprattutto il Paese «non ha bisogno di ulteriori lacerazioni sociali». Questa la linea del premier. E da Palazzo Chigi hanno notato come nella giornata veneta di Gentiloni il governatore Luca Zaia non si sia fatto vedere, come a sottolineare una distanza del caso Veneto rispetto a quello della Lombardia (dove pure si è tenuto il referendum domenica) e dell’Emilia Romagna (dove il governatore del Pd Stefano Bonaccini ha avviato la procedura per il trasferimento di alcune materie senza ricorrere al referendum).

La posizione di Veneto e Lombardia
Zaia, da parte sua, cerca di smussare alcune posizioni più estreme assunte a caldo, dopo il successo del referendum (aveva parlato della necessità di trattenere i nove decimi delle entrate fiscali dei veneti, questione esclusa dalla Costituzione, e della necessità di trasformare il Veneto in Regione a Statuto speciale). «Le 23 competenze non sono residuali e si parla anche di federalismo fiscale - ribadisce Zaia -. Chiederemo un tavolo al ministero delle Finznae perché vogliamo la compartecipazione su Iva e Irpef». Quanto alla questione della richiesta di diventare una Regione a Statuto speciale, Zaia ammette che non ha attinenza con il referendum e che si «tratta di una partita diversa» per la quale occorre un disegno di legge costituzionale.
Il presidente della Lombardia Roberto Maroni conferma invece la sua linea di collaborazione con il governo staccandosi di fatto da Zaia. Maroni, che ha ammesso di essere rimasto spiazzato dalla mossa del collega e compagno di partito sulla questione dello Statuto speciale, ribadisce che nella trattativa con il governo verranno chieste competenze «su tutte le 23 materie disponibili, con relative risorse». Il doppio passo di marcia dei due governatori ha fatto sorgere il sospetto di una mancanza di coordinamento nel loro partito, subito smentito dal segretario Matteo Salvini: «C’è una sola Lega». È un fatto però che la Lombardia lavori a un percorso diverso, più in sintonia con l’Emilia Romagna. Maroni punta, infatti, al riconoscimento della “specialità” della sua Regione ma senza uno Statuto speciale, quindi senza chiedere una modifica della Costituzione. È la posizione che ha difeso per tutta la campagna referendaria. È una terza via sulla quale oggi il Consiglio regionale ha iniziato a lavorare per arrivare a una risoluzione che possa coinvolgere anche chi non ha sostenuto il referendum. Ovvero, il Pd e le altre forze di centrosinistra invitate a partecipare, con centrodestra e M5S, alla delegazione che negozierà con Palazzo Chigi.

Il modello Emilia Romagna
Tanto che il governo si è subito adoperato per unire i due tavoli della Lombardia e dell’Emilia Romagna, isolando in questo modo la posizione di Zaia. «Oggi il presidente della Regione Lombardia Maroni ha chiesto di poter avviare un tavolo di confronto sulla base del comma III dell’articolo 116 della Costituzione insieme con la regione Emilia Romagna, che ha già approvato la propria proposta il 5 ottobre scorso - spiega Gianclaudio Bressa, sottosegretario cagli Affari regionali, dopo aver incontrato il presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini -. Nell’incontro di oggi con Bonaccini ho sottolineato la possibilità di accogliere tale proposta a condizione di avviare incontri finalizzati all’unione dei tavoli non oltre la fine della prossima settimana. Bonaccini si è dichiarato disposto a seguire questo programma di lavoro». Il presidente dell’Emilia Romagna, insomma, “aspetterà” il collega della Lombardia in modo da unire i due tavoli dal 6 novembre. Ma i tempi sono comunque lunghi, si fa capire da parte del governo: la trattativa va fatta materia per materia, cercando di delimitarne i confini, e ci vorranno mesi. Quindi se ne parla la prossima legislatura.

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