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La bocciatura della Consulta segna una battuta d'arresto per la riforma delle Camere di commercio

di Luca Tamassia

Altra doccia fredda per le riforme. Depositata la tanto attesa pronuncia della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 261/2017 (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 14 dicembre), dichiara l'incostituzionalità dell'articolo 3, comma 4, del Dlgs n. 219 del 2016 in materia di riforma del sistema camerale. L'articolo 3, comma 4, del Dlgs n. 219 del 2016, infatti, è stato impugnato – dalle Regioni Puglia, Toscana, Liguria e Lombardia, in riferimento al principio di leale collaborazione, nonché, da queste ultime tre ricorrenti, anche in relazione all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione – nella parte in cui statuisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico previsto da detta norma debba essere adottato «sentita» la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Le ragioni del ricorso
Le Regioni ricorrenti, con argomentazioni sostanzialmente coincidenti, afferma la Corte, sostengono che la disposizione inciderebbe su di un ambito materiale in cui si incrociano competenze legislative statali e regionali, per cui la previsione dell'adozione del decreto ministeriale per la rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, l'istituzione delle nuove camere di commercio, la soppressione delle camere interessate dal processo di accorpamento e razionalizzazione e le altre determinazioni conseguenti ai piani di razionalizzazione previsti dalla norma, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, anziché previa intesa, si porrebbe in contrasto con i principi enunciati nella sentenza n. 251 del 2016 in materia di riforma del lavoro pubblico e violerebbe il principio di leale collaborazione.
La Corte costituzionale, quindi, ha ritenuto che le censure fossero preliminarmente ammissibili, in quanto sufficientemente motivate e, quanto al ricorso prodotto dalla Regione Lombardia, la dichiarazione di ammissibilità ha riguardato la sola denunciata violazione del principio di leale collaborazione, non essendo presente, nella delibera di autorizzazione alla proposizione del ricorso, alcun riferimento all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione e sono, quindi, inammissibili le censure riferite a questo parametro. La dichiarazione di non conformità ai principi della Carta fondamentale, quindi, viene dichiarata fondata dalla Corte sulla base di chiare e ineccepibili motivazioni, peraltro analoghe alle censure già mosse nel precedente sistema di riforma del lavoro pubblico.

I motivi dell’incostituzionalità
L'intervento del legislatore statale sul profilo in esame, afferma il giudice, non risulta, di per sé, illegittimo, essendo giustificato dalla finalità di perseguire l'obiettivo di una razionalizzazione della dimensione territoriale delle camere di commercio e di conseguire, pertanto, una maggiore efficienza dell'attività da esse svolta, obiettivo raggiungibile soltanto sulla scorta di un disegno unitario e organico, elaborato a livello nazionale. La ragione giustificatrice dell'intervento normativo a opera del legislatore statale, tuttavia, non esclude che, incidendo, l'attività istituzionale delle camere di commercio, su molteplici competenze, alcune anche regionali, tale obiettivo debba essere conseguito nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile, in questo caso, a orientare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie (ex plurimis, pronuncia n. 251 del 2016).
Il luogo più idoneo per l'espressione della leale collaborazione è stato correttamente individuato, dalla norma, nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Il modulo relazionale della stessa, tenuto conto delle plurime competenze coinvolte, non può, per contro, essere costituito dal parere, come stabilito dalla norma, trattandosi di una mera espressione di giudizio, ma va identificato nell'intesa, strumento relazionale caratterizzato da una procedura che consenta lo svolgimento di effettive trattative, garantendo, in questo modo, un reale coinvolgimento. Della necessità dell'accordo, infatti, prosegue la Corte, lo stesso legislatore statale si è dimostrato consapevole allorché, con l'articolo 1, comma 1, lettera a), numero 3, del Dlgs n. 219 del 2016, ha sostituito l'articolo 1, comma 5, della legge n. 580 del 1993, e ha avuto cura di prevedere, appunto, l'intesa per l'istituzione delle camere di commercio risultanti da accorpamento di quelle preesistenti e per le modifiche delle circoscrizioni territoriali.

Conclusioni e conseguenze
Conclude, conseguentemente, la Corte costituzionale, con una bocciatura senza appello, ritenendo, infatti, che debba essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 3, comma 4, del Dlgs n. 219 del 2016, nella parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico dallo stesso previsto debba essere adottato «sentita» la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa «intesa» da formarsi nell'ambito di questa conferenza. La dichiarazione apre innumerevoli dubbi e incertezze, di fatto imponendo un vero e proprio Stop al processo di riforma oramai in fase avanzata di attuazione. Si tratta, ora, di comprenderne gli effetti e le ricadute sul processo stesso, oltre alla verifica della sopravvivenza, in termini di vigenza giuridica, di tutte quelle disposizioni, compreso il blocco delle assunzioni, che hanno accompagnato la riforma e hanno trovato, sul presupposto della stessa, la loro ragione di produzione degli effetti. Un'altra tegola sull'assetto delle riforme proprio sul traguardo applicativo della razionalizzazione del sistema camerale. Ora, pertanto, si aprirà la stagione dell'analisi della ricaduta giuridica della pronuncia costituzionale ed, inevitabilmente, delle rilevanti incertezze in cui il sistema stesso è precipitato.

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