Amministratori

Espropri, responsabile la Pa se per inerzia non consente al privato di chiedere l'indennizzo

di Giuseppe Nucci

Il pregiudizio causato dagli amministratori e dal responsabile dell’Ufficio tecnico che, con la loro inerzia, non hanno consentito di concludere il processo espropriativo prima dell’irreversibile trasformazione degli immobili di proprietà di privati proprietari, configura un’ipotesi di responsabilità amministrativo contabile.
È questo il principio affermato dalla sentenza n. 15/2018 della Corte dei Conti, prima sezione centrale di appello.

Il ritardo delle procedure ablative
Un Comune veniva condannato in sede civile ed amministrativa per il mancato completamento, nei termini di legge, di procedure ablative (espropri) e a seguito di ciò la competente Sezione regionale della Corte dei conti condannava cinque amministratori (due sindaci e tre assessori delegati) e il Responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale per danno erariale indiretto.
Di seguito i cinque amministratori proponevano appello all’esito del quale quattro di essi ottenevano l’estinzione del giudizio per intervenuta definizione agevolata mentre al quinto veniva confermata la sentenza di primo grado.

La sentenza
Il Collegio, innanzitutto, evidenziava che l'adozione dei provvedimenti fondamentali nelle varie fasi dell'iter procedimentale (dichiarazione di pubblica utilità, determinazione dell'indennità di occupazione e di esproprio, deposito delle indennità e decreto di esproprio) spettava ai sindaci che si erano succeduti e agli assessori delegati, mentre il responsabile dell'Ufficio tecnico comunale avrebbe dovuto attivarsi, per la sua parte, essendo investito della materia relativa alla gestione tecnica delle opere pubbliche, dei necessari contatti con gli enti preposti, con le imprese aggiudicatrici, con i progettisti e i direttori dei lavori, ed era, quindi, edotto della necessità di predisporre le attività istruttorie e preparatorie di natura tecnica necessarie per l'adozione degli atti conclusivi del procedimento ablativo.
Al riguardo veniva richiamata la giurisprudenza pressoché pacifica nel ritenere antigiuridico la condotta tenuta dal Sindaco o dall’assessore ai lavori pubblici delegato i quali, dopo avere emanato il decreto di occupazione, abbiano omesso di provvedere all'adozione dei successivi atti della procedura espropriativa (determinazione delle indennità, pagamento in caso dei accettazione e di cessione volontaria, deposito delle indennità non accettate presso la Cassa DD. PP.) al fine di consentirne la tempestiva definizione con l'emanazione del provvedimento finale ablatorio.
Il Giudice precisava inoltre che i sindaci e gli assessori delegati pro tempore, oltre a dover rispondere direttamente, in virtù di quanto sopra ricordato, si erano anche resi responsabili di una condotta omissiva rispetto al dovere di impartire direttive all’apparato amministrativo e di vigilare sull’esecuzione dei singoli adempimenti connessi alla procedura acquisitiva di pubblica utilità, attività che avrebbero così impedito ai proprietari di agire giudizialmente per il ristoro dei danni subiti in conseguenza dell’irreversibile trasformazione dei terreni di loro proprietà.
L’appellante, dunque, avrebbe dovuto attivarsi, seguendo gli incombenti procedimentali per il buon fine delle procedure ablatorie, evitando così il verificarsi dell’irreversibile trasformazione degli immobili di proprietà dei privati proprietari in assenza di rituale completamento della procedura espropriativa e, per tale ragione, veniva confermata la decisione di primo grado e la conseguente condanna al pagamento, in favore del Comune, della somma di € 11.443,47.

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