Amministratori

Farmacie comunali, legittimo il «no» all’autorizzazione per la società privata in conflitto di interessi

di Guido Befani

La possibilità di scissione tra la titolarità di una farmacia comunale e la sua gestione mediante l'affidamento a terzi non consente di derogare al divieto di cumulo dell’esercizio della farmacia con altre professioni sanitarie, specie nel caso in cui la società concessionaria, costituita oltretutto da non farmacisti iscritti all’Ordine, abbia già in gestione altra struttura sanitaria. È quanto afferma il Tar Perugia, con la sentenza n. 78/2018.

L’approfondimento
Il Tar Perugia è intervenuto affermando la legittimità del diniego opposto da una Asl alla richiesta di autorizzazione alla gestione della farmacia comunale da parte di una società di capitali; il fondamento del diniego deve essere rinvenuto nell'obiettivo finale di evitare conflitti di interessi che possano ripercuotersi negativamente sullo svolgimento del servizio farmaceutico e, mediatamente, sul diritto alla salute.

La decisione
Nel respingere il ricorso presentato dall’Amministrazione comunale, il Collegio ha avuto modo di rilevare come il diniego dell’Asl sia stato opposto a causa del divieto di cumulo dell’esercizio della farmacia con quello di altre professioni sanitarie, perché la società concessionaria, non sarebbe stata costituita da farmacisti abilitati iscritti all’Ordine e il titolare, inoltre, era già titolare e gerente di altre struttura sanitaria.
In forza dell’articolo 1, L. 475/1968, infatti, l’esercizio delle sedi farmaceutiche è conferito mediante autorizzazione, strumento considerato dalla giurisprudenza come “concessione di servizio pubblico” in considerazione della convenzione obbligatoria che tutte le farmacie devono intrattenere con il Servizio sanitario nazionale per l’erogazione dell’assistenza farmaceutica. Nello specifico, poiché l’articolo 9, Legge 475/1968, nell’elencare le forme di gestione del servizio farmaceutico comunale, non contempla la concessione a soggetti privati se non nella misura in cui nella società figuri un socio farmacista, per il Collegio è apparso necessario un coordinamento “interpretativo” con la disciplina generale sui servizi pubblici a rilevanza economica di cui all’articolo 113 Tuel, che contempla, tra le forme di gestione, anche la concessione a terzi mediante procedura ad evidenza pubblica.
Il Collegio, ha quindi risolto il contrasto interpretativo optato per l’abrogazione del citato articolo 9 ad opera del Tuel, nella parte in cui prevedeva che le farmacie comunali potevano essere gestite anche a mezzo di società di capitali, ma a condizione che avessero come soci solo farmacisti che, all'atto della loro costituzione, prestassero servizio presso farmacie di cui il Comune avesse la titolarità, con la conseguenza che attualmente l'acquisizione della qualità di socio non è più subordinata a tale condizione.
E’ stata affermata, pertanto, la scissione tra la titolarità che rimane in capo all’ente locale e la gestione della farmacia da parte della società privata, a condizione che il bando specifichi gli obblighi di servizio pubblico imposti al concessionario in coerenza con la finalità ei servizio pubblico essenziale insita nel servizio farmaceutico.

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che la scissione tra la titolarità e la gestione di una farmacia giustifica la deroga all'articolo 12, comma 11, L. n. 475 del 1968, consentendo l'affidamento della gestione a terzi della farmacia, ma non anche all'esclusività dell'oggetto sociale, il cui fondamento va rinvenuto nell'obiettivo finale di evitare conflitti di interessi che possano ripercuotersi negativamente sullo svolgimento del servizio farmaceutico e, mediatamente, sul diritto alla salute.

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