Amministratori

Infrastrutture, Comuni e il rilancio necessario

L’incapacità di tradurre in cantieri le risorse in bilancio e l’inefficienza nelle procedure di spesa da parte della Pubblica amministrazione hanno vanificato, secondo l’Osservatorio dell’Ance, la ripresa degli investimenti in costruzioni, nonostante le importanti misure di rilancio per le infrastrutture previste dal Governo già nella programmazione di Bilancio del 2017 (+23% di risorse).

Alla ripresa economica manca in Italia il contributo fondamentale del settore delle infrastrutture, ma dal 2016 paradossalmente il problema non è stato più quello di individuare le risorse quanto la reiterata incapacità delle amministrazioni locali di programmare, pianificare ed eseguire gli interventi. I Comuni, ad esempio, hanno ridotto nel 2017 la spesa per investimenti in opere pubbliche di circa 800 milioni. Un risultato fortemente negativo dopo un 2016 chiuso con una diminuzione di spesa di 1,7 miliardi. Senza il crollo degli investimenti in costruzioni (60 miliardi di euro) l’economia italiana avrebbe recuperato nei dieci anni di crisi in media mezzo punto di Pil all’anno. Nel prossimo decennio gli investimenti in infrastrutture conosceranno nel mondo un dinamismo senza precedenti, sostenuto soprattutto dalla Cina, ma sarà fondamentale anche in Europa e in Italia ricominciare a investire.

La puntuale analisi dell’Ance, però, ci pone un interrogativo: quali sono gli strumenti che consentiranno alla Pa di rimettere il tema delle infrastrutture al centro dell’agenda? La priorità per il sistema economico italiano è quella di creare un ecosistema positivo per gli investitori, e le condizioni che hanno impedito il rilancio delle infrastrutture (nonostante il paradosso della disponibilità delle risorse) sono emblematiche di una Pa ormai incapace di pianificare e programmare. Lo snellimento del sistema burocratico e la rimozione di quegli ostacoli che impediscono ad un adeguato programma di politica economica ed industriale di dispiegare i propri effetti, diventano le condizioni fondamentali anche per promuovere lo sviluppo infrastrutturale.

Ma con quali strategie può essere attuato se la Pa non riesce nemmeno a spendere i soldi che ha in cassa e con una politica che è oggettivamente troppo debole?

La competitività del mondo globale passerà sempre di più dalla capacità di velocizzare i processi amministrativi sotto il profilo delle agevolazioni fiscali, dello snellimento dell’iter autorizzativo e della individuazione di partner economici qualificati. Le Zone Economiche Speciali a fiscalità agevolata hanno garantito in Europa il rilancio dell’Irlanda e la crescita della Polonia, il cui Pil da un decennio è più del doppio della media Ue. In Italia di Zone Franche Urbane si parla senza alcun esito dal 1994, ed anche il nuovo Codice dei Contratti dei Lavori Pubblici – licenziato per snellire e semplificare le procedure - è stato imbrigliato dalle beghe tra il Governo, il legislatore e l'Anac con 300 revisioni legislative.

Nel 2016 il Patto di stabilità che ingabbiava gli investimenti degli enti locali era stato abolito dal Governo Renzi per i Comuni virtuosi, ma sono state poche le amministrazioni che hanno programmato e messo in cantiere gli interventi nonostante fossero stati sbloccati circa tre miliardi di euro potenziali da destinare agli investimenti sul territorio.

Se negli anni acuti della crisi economica l’individuazione delle risorse da destinare agli investimenti costituiva il tema fondamentale, dopo dieci anni pesantissimi per la tenuta del settore delle costruzioni il nodo centrale per garantire al Paese competitività resta la costruzione di una Pa competente.

La precondizione essenziale per riformare la Pa è l’accorpamento e la fusione dei Comuni. Può un Paese così fragile, e con una disponibilità di cassa non paragonabile a quella del boom economico, permettersi di avere 8000 Comuni, quasi la metà con popolazione tra i mille e i 5mila abitanti?

Svuotate le Province delle principali competenze, infatti, i Comuni piccoli anche a causa della mancanza di turnover sono senza personale tecnico. Chi investe per garantire la correttezza della viabilità in un piccolo Comune, considerato che non riuscirà a qualificarsi neppure per la prima soglia di gara fino a 1 milione di euro? Chi analizzerà dossier strategici e risponderà alle richieste di potenziali imprenditori interessati a discutere di investimenti?

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