Amministratori

Danno erariale indiretto da responsabilità medica: la riforma Gelli non vale per il passato

di Domenico Irollo

Non è retroattivo il principio, introdotto dalla legge Gelli (24/2017), dell'inammissibilità dell'azione di rivalsa sull'esercente professione sanitaria ritenuto responsabile di un errore medico, nei casi in cui l'amministrazione sanitaria di appartenenza non comunichi la citazione in giudizio civile dell'ente da parte del paziente danneggiato ovvero l'avvio di un procedimento di composizione stragiudiziale della lite con quest'ultimo. A sancirlo è la Corte dei Conti della Lombardia con la sentenza n. 35/2018.

La vicenda
Nella fattispecie si trattava di due chirurghi ritenuti responsabili di un caso di malasanità che aveva portato l'ospedale per cui essi lavoravano a risarcire oltre 2 milioni di euro in favore del malcapitato paziente. Più precisamente, i due sanitari erano stati chiamati a rispondere di danno erariale indiretto una volta che il nosocomio, senza che loro fossero stati chiamati in causa, era finito soccombente nel giudizio civile di primo grado intentato dal paziente e aveva quindi preferito chiudere la vicenda contenziosa con una transazione, senza ricorrere in appello.

La legge Gelli
Per effetto della Legge Gelli di riforma della responsabilità medica, entrata in vigore il 1° aprile 2017, sono state previste una serie di disposizioni in ottica fortemente garantista nei riguardi dei sanitari, di cui i due chirurghi convenuti hanno invocato l'applicazione retroattiva al loro caso. Si allude nello specifico alla norma cui si faceva cenno – contenuta nell'articolo 13, recentemente modificato dalla legge 13/2018 – secondo cui le strutture sanitarie e sociosanitarie nonché le imprese di assicurazione che prestano la copertura assicurativa nei confronti di queste ultime sono tenute a comunicare all'esercente la professione sanitaria l'instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro 45 giorni dalla ricezione della notifica dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell'atto introduttivo del giudizio; allo stesso adempimento sono tenute pure nel caso di avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, dovendo altresì invitare il sanitario a prendervi parte. L'omissione, la tardività o l'incompletezza di dette comunicazioni preclude l'ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa, essendo a loro volta foriere di potenziale responsabilità per danno erariale in capo ai funzionari dell'ente tenuti a detti adempimenti.
Si fa poi riferimento anche all'articolo 9, comma 7, in forza della quale nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilità amministrativa il giudice può desumere argomenti di prova dalle evidenze assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell'impresa di assicurazione, soltanto se l'esercente la professione sanitaria ne è stato parte; oltre che alla norma del comma 6 dell'articolo 9 – anche questo emendato dalla legge 13/2018 – in virtù della quale è stato fissato un tetto massimo all'importo della condanna eventualmente resa in sede di rivalsa (una assoluta novità nel sistema di giustizia contabile) che non può superare una somma pari al triplo del valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo.

La decisione
I giudici contabili meneghini hanno negato l'applicabilità con effetti retroattivi della normativa in assenza di una espressa previsione di efficacia retroattiva, in quanto in un caso ne deriverebbe una ingiustificata “sterilizzazione” di tutte le azioni risarcitorie in cui le aziende ospedaliere non abbiano seguito, in assoluta buona fede, una procedura all'epoca non prevista e non richiesta né da previsioni di legge né tantomeno regolamentari; nell'altro (si fa riferimento alla disposizione sul tetto risarcibile), verrebbe ingiustificatamente compressa a priori l'aspettativa risarcitoria dell'azienda ospedaliera riferita all'epoca dei fatti e delle azioni conseguentemente intraprese.

La sentenza Corte dei conti della Lombardia n. 35/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©