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Rievocazioni storiche, la Consulta boccia il fondo per mancata concertazione con le Regioni

di Daniela Casciola

È illegittimo il comma 627 dell'articolo 1 della legge 232/2016 (legge di bilancio 2017) che ha istituito il «Fondo nazionale per la rievocazione storica» destinato a Regioni e Comuni nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo con il quale sono determinati i criteri di accesso sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Lo ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza n. 71, depositata ieri, che ha accolto il ricorso della Regione Veneto per violazione del principio di leale collaborazione con le Regioni.

La «mancata» ripartizione per il 2017
La sentenza arriva nello stesso giorno in cui il Mibact ha pubblicato sul proprio sito il decreto con la “prima“ ripartizione dei contributi, quella per il 2017: 31 progetti di 13 Regioni per un totale di 232mila euro di stanziamento i cui titolari avrebbero dovuto presentare entro fine mese il bilancio consuntivo definitivo per passare alla fase operativa dell'operazione.

La norma
Il comma 627 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 stabilisce che «Nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è istituito il Fondo nazionale per la rievocazione storica, finalizzato alla promozione di eventi, feste e attività nonché alla valorizzazione dei beni culturali attraverso la rievocazione storica, con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019. L'accesso alle risorse del Fondo è consentito in via diretta alle regioni, ai comuni, alle istituzioni culturali e alle associazioni di rievocazione storica riconosciute attraverso l'iscrizione ad appositi albi tenuti presso i comuni o già operanti da almeno dieci anni, in base a criteri determinati con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge».

La decisione
La Consulta ha accolto le motivazioni della Regione ricorrente secondo cui la disposizione, da un lato, ha istituito un fondo statale a destinazione vincolata in un ambito come quello della valorizzazione dei beni culturali e della promozione e organizzazione di attività culturali che rientra nella potestà legislativa concorrente delle Regioni; dall'altro, non prevede alcuna forma di concertazione con le Regioni ai fini dell'adozione del decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo di determinazione dei criteri di accesso alle risorse del fondo.
La Regione Veneto aveva, infatti, ritenuto che, «nella misura in cui non è prevista, al riguardo, l'intesa con le Regioni», sarebbero violati l'articolo 119 della Costituzione e il principio di leale collaborazione disciplinato dagli articoli 5 e 120, atteso che la giurisprudenza della Corte costituzionale sarebbe «costante nel ritenere che solo la previsione di un'intesa nell'ambito della Conferenza unificata varrebbe a rendere costituzionalmente legittimo, in virtù del processo di concertazione e condivisione, un fondo a destinazione vincolata».

L’edilizia scolastica
Il quesito riguardava anche il comma 85 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 che disponeva che l'Inail destinasse 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche. La disposizione censurata dalla Regione Veneto non prevedeva alcuna forma di concertazione con le Regioni, nemmeno ai fini dell'adozione dei criteri di selezione dei progetti ammessi alla ripartizione. La Corte ha quindi dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma «nella parte in cui non prevede che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono individuate le Regioni ammesse alla ripartizione, sono assegnate le risorse disponibili e sono stabiliti i criteri di selezione dei progetti sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano».

La sentenza della Corte costituzionale n. 71/2018

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