Amministratori

La caduta del rapporto di fiducia non legittima la revoca del presidente del consiglio comunale

di Amedeo Di Filippo

Per una sentenza che disconosce le ragioni del presidente del consiglio comunale e ne legittima la revoca qualora l'immagine dell'amministrazione venga compromessa da notizie riguardanti l'impresa appartenente ai suoi congiunti (Consiglio di Stato, sentenza n. 1286/2018, si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 29 marzo), ce n'è subito un'altra pronta a difenderne le prerogative nel caso la revoca sia stata disposta senza che risultino evidenti le ragioni della effettiva rottura del rapporto di fiducia con l'amministrazione. Con la sentenza n. 670/2018, la sezione di Catania del Tar Sicilia ha affermato che la revoca non può essere motivata sulla base di una valutazione fiduciaria di tipo strettamente politico ma trova fondamento solo sul cattivo esercizio della funzione.

Il fatto
Il presidente ha impugnato la deliberazione con cui il consiglio comunale lo ha revocato, quella con cui ha eletto il nuovo presidente e il regolamento sul funzionamento del consiglio nella parte in cui prevede la destituzione in caso di grave negligenza nei compiti assegnati, violazione di doveri d’ufficio o nel caso di ripetute violazioni, debitamente documentate, di poteri e prerogative. Ha avanzato, quali motivazioni, il fatto che mancasse una espressa previsione statuaria che consenta la revoca e che la relativa deliberazione risultasse fondata su ragioni squisitamente politiche e non su gravi e comprovati inadempimenti nello svolgimento delle funzioni.

Il giudizio
I giudici catanesi hanno accolto l'istanza cautelare evidenziando che la revoca del presidente del consiglio comunale non può essere motivata sulla base di una valutazione fiduciaria di tipo strettamente politico ma deve essere giustificata solo dal cattivo esercizio della funzione e dal riferimento a comportamenti che, costituendo violazione degli obblighi di neutralità e imparzialità inerenti all'ufficio, siano idonei a far venir meno il rapporto fiduciario alla base dell'originaria elezione.
Il consiglio è stato poi sciolto, per cui il Comune ha chiesto che venisse dichiarata la cessata materia del contendere. Richiesta disattesa dal Tar in quanto lo scioglimento non soddisfa pienamente la pretesa all'annullamento del provvedimento di destituzione «attesa la persistente utilità di una pronuncia di merito».

Le motivazioni del Tar
Nel merito, il Tar Sicilia dichiara fondato il ricorso per due motivi sostanziali. Il primo è che, anche secondo la legge regionale, il presidente del consiglio comunale può essere revocato secondo le modalità previste negli statuti, per cui solo questa fonte può attribuire al consiglio questo potere, peraltro «del tutto sconosciuto alla normativa di rango primario».
Il secondo consiste nella mancanza, nell'atto di revoca, di riferimenti a comportamenti concreti del presidente che, costituendo violazione degli obblighi di neutralità e imparzialità, possano apparire idonei a compromettere il corretto funzionamento del consiglio, facendo venir meno il rapporto fiduciario alla base dell'originaria sua elezione.

I caratteri della revoca
La revoca esprime una scelta amministrativa che non è libera nei fini e che deve, pertanto, rispettare le finalità normative di garantire la continuità e la correttezza del concreto espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo dell'ente, con la conseguenza che non può essere motivata sulla base di una valutazione fiduciaria di tipo strettamente politico ma, trattandosi di figura posta dall'ordinamento degli enti locali a garanzia del regolare andamento del consiglio comunale e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, può essere giustificata solo dal cattivo esercizio della funzione in quanto ne sia viziata la neutralità.

La sentenza del Tar Sicilia n. 670/2018

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