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Giudizio di responsabilità contabile, revocabili solo le sentenze viziate da errore di fatto

di Carmelo Battaglia e Domenico D'Agostino

Con la sentenza n. 251 del 2018, la Seconda Sezione Centrale di Appello della Corte dei conti ha fornito un’interpretazione dell’istituto della revocazione delle sentenze in materia di giudizio di responsabilità e, in particolare, ha sancito che il ricorso per revocazione si presenta sempre come inammissibile quando è volto a censurare errori di giudizio non deducibili con lo strumento revocatorio, anziché errori di fatto in cui la corte giudicante sia incorsa nella pronuncia revocanda.

Il fatto
Nel caso in esame, l’azione risarcitoria per danno erariale non era stata accolta in primo grado in quanto il convenuto, pur colpevole, non raggiungeva il grado della grave colpevolezza cui solo può essere ricondotta la responsabilità contabile. In secondo grado, invece, la Corte aveva riconosciuto il danno erariale, la sua riconducibilità all’azione del convenuto ed il grado di colpevolezza sufficiente per la condanna dello stesso, valutando in maniera diversa e differente, rispetto alla Corte di prime cure, il livello di colpevolezza, sotto la specie della colpa, ossia qualificandola come grave.
Il condannato, a questo punto, agiva in revocazione al fine di far accertare l’“errore di fatto”, commesso dal giudice dell’appello che si era discostato, sbagliando, dalla valutazione sul grado della colpevolezza, già compiuta dal giudice del primo grado. La Corte argomenta come non sia ravvisabile il preteso “errore di fatto” che, secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte contabile e della Suprema Corte di Cassazione, consente il rimedio della revocazione.

Il diritto
Tutte le volte in cui il ricorrente in revocazione si lamenti delle valutazioni effettuate dal giudice di secondo grado, risultate in contrasto con le decisioni del primo giudice che, in ordine all'apprezzamento dello stesso fatto, avesse escluso la sussistenza della colpa grave, lungi dal concretizzare un errore qualificabile come errore di fatto (il solo che consente l’esperimento della revocazione) si risolve in una critica “libera” alla decisione impugnata, possibile ed ammissibile in sede di appello, ma esclusa in sede di revocazione.
L’errore di fatto, infatti, deve necessariamente risultare dagli atti e documenti di causa e si verifica quando la sentenza è fondata sulla supposizione dell'esistenza di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, consistendo in un travisamento dei fatti, in una falsa percezione delle cose che deve avere carattere decisivo, nel senso di costituire il motivo essenziale e determinante della pronuncia impugnata per revocazione. Non deve trattarsi, quindi, di un errore di valutazione, né di un errore di giudizio, ma di un errore su un fatto non controverso sul quale la sentenza si è pronunciata in modo palesemente e oggettivamente irrazionale, negando l'esistenza della sua sussistenza o meno (ex multis Cass. SS.UU. n. 8772/2016).

Conclusioni
In mancanza, lungi dal concretizzare un errore qualificabile come errore di fatto, il ricorso integra, al contrario, una critica alle valutazioni e agli apprezzamenti effettuati dal giudice di appello. Il ricorso stesso, quindi, si presenta inammissibile in quanto volto a censurare errori di giudizio non deducibili con lo strumento revocatorio.

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