Amministratori

Commissariamenti e «pre-dissesto» aggravano le crisi locali

di Ettore Jorio

La cura è peggio della malattia. È quanto si deduce dai risultati degli interventi straordinari del Governo nelle crisi degli enti locali, e più genericamente dai commissariamenti in senso lato. Un fenomeno che preoccupa non solo per gli scarsi risultati ordinariamente conseguiti ma perché incrementa la mappa delle precarietà territoriali che mettono in crisi il sistema Repubblica. Ciò in relazione alle necessarie tutele di ripianamento del debito pubblico e di ripristino del deficit di benessere sociale.

Il quadro delle criticità
Al riguardo, il Paese riesce a essere sempre più esposto alle patologie che affliggono gli enti locali, specie quelli concentrati nelle aree tradizionalmente più deboli, dove si registrano incrementi e reiterazioni di scioglimenti per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso, e diffusi dissesti, molti dei quali conseguenti a procedure di riequilibrio finanziario pluriennale non andate a buon fine. Su queste ultime ci sarebbe tanto da dire, sia per i maldestri tentativi perpetrati, anche dolosamente, da diversi Comuni al solo scopo di differire le naturali dichiarazioni di dissesto (che si precisa essere obbligatorio, pena la responsabilità per omissione, in base all’articolo 247 del Testo unico) sia per le inefficienze frequentemente registrate dagli organi straordinari di liquidazione. C’è poi il «contributo» del legislatore a favorire, con integrazioni/modifiche della disciplina, alcune importanti realtà urbane (Napoli docet). Intanto la procedura di verifica intermedia dei predissesti diventa sempre più permissiva e differenziata, tanto da incagliarsi fino a far guadagnare tempo ai soggetti istituzionali più forti in termini di contrattualità istituzionale, salvo essere più celere e severa per le realtà locali più deboli politicamente.

I rimedi inefficaci
Dunque, in relazione a queste fattispecie, sono risultate sino a oggi inadeguate le discipline relative alla formulazione e alle attività delle commissioni antimafia, preposte alla conduzione degli enti locali sciolti in base all’articolo 143 del Tuel, e alla composizione degli organi straordinari di liquidazione, in base all'articolo 252, cui vengono rimessi gli adempimenti di tipo liquidatorio dei Comuni dissestati. Allo stesso modo, sono risultate non propriamente ragionevoli le nomine dei commissari per la formazione dei nuovi Comuni a seguito di fusioni, perché sono sempre individuati tra funzionari statali in pensione e accompagnati nell'esercizio delle loro compiti istituzionali da un funzionariato senza un minimo di esperienza di amministrazione pubblica attiva. Un compito difficile da esercitare, perché l’autonomia finanziaria richiede conoscenze tecniche ed esperienza. Requisiti di questo tipo sono rintracciabili solo in chi ha esercitato importanti funzioni nel management pubblico.

In attesa di diverse soluzioni
Insomma, sarebbe urgente rivedere radicalmente le discipline e creare un meccanismo selettivo di riconosciuta efficienza dei «commissari».
Tanti i punti deboli cui va fornita una diversa soluzione legislativa. Tra questi c’è l’assenza di norme di tutela della legalità da ripristinare negli enti locali sciolti per mafia, abbandonati così a loro stessi e dunque condannati a essere vittime della reiterazione del fenomeno. Va superata la sottovalutazione del dissesto, alla cui dichiarazione l'attuale regolazione assegna esiti esclusivamente liquidatori, spesso devastanti per l'ente e i creditori, completamente avulsi dal'obbligo istituzionale di continuità amministrativa cui sono tenuti gli organi democratici che con l'organo straordinario preposto alla vendita dei «gioielli di famiglia». È poi troppo scadente l’attenzione assicurata alle nomine e allo svolgimento delle funzioni commissariali che avviano il perfezionamento degli enti locali istituiti a seguito di fusione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©