Amministratori

Legittima la revoca del revisore dei conti che non collabora con il consiglio comunale

di Ulderico Izzo

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n.2785/2018, ha dato piena legittimità alla deliberazione consiliare con cui si dispone la revoca dell'incarico del revisore dei conti, in quanto questi ha posto in essere condotte che, omettendo o gravemente ritardando il regolare compimento delle attività e delle funzioni dell’ente locale, hanno impedito o ostacolato il funzionamento dell'organo consiliare.

Il fatto
Il consiglio comunale di un ente locale ha deliberato la revoca dell'incarico di revisore dei conti, in quanto il soggetto preposto alla funzione ha posto in essere, secondo l'amministrazione comunale, una serie di condotte tali da pregiudicare il corretto funzionamento dell'organo consiliare. Il Tribunale amministrativo di primo grado non ha rilevato alcuna illegittimità della delibera impugnata.

La decisione
Il Consiglio di Stato, in modo ampio e puntuale, ha respinto l'atto di appello partendo dalla perimetrazione delle disposizioni normative di riferimento, quali gli articolo 235 e 239 del testo unico oltre a quelle statutarie
L'articolo 235 del Tuel prevede, al secondo comma, che il revisore è revocabile solo per inadempienza e, in particolare, per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d). L'articolo 239 del Tuel prevede, al comma 1, lettera a), tra i compiti del revisore dei conti, l'attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento. L'articolo 70 dello statuto comunale prevede, al secondo comma, la revoca del revisore quanto ricorrono gravi motivi che influiscono negativamente sull’espletamento del mandato.
L'applicazione combinata di queste disposizioni esclude che la revoca sia un atto meramente discrezionale dell'amministrazione ma non ne limita il presupposto alla mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d).
Piuttosto, la fattispecie è indicata soltanto al fine di individuare tra le varie possibili inadempienze dell'organo di revisione, quella che, a parere del legislatore, potrebbe, anche da sola, per la sua rilevanza e gravità, essere sufficiente a fondare il provvedimento sanzionatorio di revoca.
In ragione di ciò, ogniqualvolta nello svolgimento dell'attività di collaborazione così come delle altre funzioni assegnate al revisore, questi incorra in inadempienze, anche diverse da quella tipizzata nell'articolo 235, ne è legittima la revoca, con provvedimento adeguatamente motivato.
Coerente con questa lettura del combinato disposto degli articoli 235 e 239 del Tuel è l'articolo 70 dello statuto del Comune appellato, laddove, riferendosi a gravi motivi, li collega all'influenza negativa sull'espletamento del mandato, di modo che le inadempienze rilevanti ai fini della revoca finiscono per identificarsi in condotte qualificabili in termini di gravità. Ne consegue che, in base alle norme richiamate, rilevano le condotte dell'organo di revisione che, omettendo o gravemente ritardando il regolare compimento delle attività e delle funzioni impediscano od ostacolino il funzionamento dell'organo consiliare. Evidentemente, la sanzione è funzionale ad assicurare il buon andamento della Pa secondo l'articolo 97 della Costituzione.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 2785/2018

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