Amministratori

Danno da concorrenza al dirigente che affida il servizio senza gara a prezzi «di favore»

di Domenico Irollo

È responsabile di danno erariale il dirigente dell'ente pubblico che procede all'affidamento diretto, senza gara, a soggetti privati di una concessione di servizi a fronte della corresponsione di canoni irrisori o nulli.

Il caso
Sulla scorta di questo principio, la Corte dei conti della Toscana con la sentenza n. 130/2018, ha condannato il direttore generale, i responsabili degli uffici competenti, nonché i componenti del collegio sindacale di un’azienda sanitaria a risarcire all'ente di appartenenza, ciascuno pro quota, l'ammontare complessivo di quasi 70mila euro, in relazione ai mancati introiti derivanti dall'omesso ricorso a procedura a evidenza pubblica per l'affidamento della gestione del servizio di bar-ristoro.
I vertici pro tempore dell'Ausl avevano, difatti, deliberato di stipulare con una Srl, individuata mediante trattativa privata, senza confronto concorrenziale, contratti d'affitto a canoni di importo simbolico o di comodato d'uso gratuito di tre locali dell'ente pubblico, affinché quella società vi esercitasse l'attività di bar-caffetteria.

La decisione
I giudici contabili fiorentini hanno riconosciuto la responsabilità per «mala gestio» degli amministratori dell'Ausl, connessa al mancato rispetto delle norme in materia di contrattualistica pubblica. La Corte ha, infatti, acclarato che il rapporto contrattuale instaurato tra l'azienda sanitaria e il privato con il quale gli era stata affidata la gestione del servizio aveva in realtà natura di concessione di servizio con conseguente necessità di procedere nel rispetto delle regole dell'evidenza pubblica.
La violazione di queste regole aveva prodotto un danno erariale da (omessa) concorrenza rappresentato dal pregiudizio arrecato alle finanze dell'Ausl dato dalla differenza fra gli introiti per canoni concessori che l'ente avrebbe verosimilmente conseguito in caso di ricorso a gara (stimati in percentuale sul fatturato atteso) e le entrate effettivamente percepite dalla stessa azienda sanitaria in forza dei contratti locativi e di comodato impropriamente stipulati.

Il danno da concorrenza
La pronuncia in esame conferma dunque che il danno scaturente dall'illecita elusione delle regole poste a presidio del necessario confronto concorrenziale rientra nella categoria del danno patrimoniale, per cui non è sufficiente per configurarlo il mancato rispetto in sé delle regole della concorrenza e la conseguente alterazione della scelta dell'amministrazione. È invece necessario un pregiudizio concreto e attuale al patrimonio dell'amministrazione stessa, determinato dalla maggior spesa affrontata o, come nel caso in rassegna, dal minor importo introitato rispetto alle condizioni che avrebbe ottenuto nel rispetto della procedura ad evidenza pubblica.
Tra le condotte che possono comportare un «danno da concorrenza», la giurisprudenza ha difatti annoverato anche l'illegittimo affidamento di lavori estranei all'originario piano costruttivo (affidati mediante trattativa privata anziché mediante le apposite procedure concorsuali, con un abuso delle perizie di variante), l'illegittimo frazionamento di contratti pubblici elusivo delle soglie che fanno scattare l'obbligo di esperimento di una procedura di gara, il mancato rispetto delle forme di pubblicità imposte dalla normativa vigente e l'assegnazione di lavori di somma urgenza in carenza dei presupposti: purché però e nella misura in cui queste irregolarità abbiano determinato un pregiudizio patrimoniale compromettendo l'economicità dell'azione amministrativa.

La sentenza della Corte dei conti Toscana n. 130/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©