Amministratori

Nuovi poteri da rappresentante unico nella conferenza di servizi

di Paolo Canaparo

Sulla Conferenza di servizi «in forma simultanea e in modalità sincrona», ovvero sull’ipotesi di riunione in unica sede o di partecipazione comunque contestuale (ove possibile anche in via telematica) dei rappresentanti delle amministrazioni interessate, nel caso in cui partecipino anche amministrazioni non statali rappresentate da un unico soggetto sia a livello centrale, sia a livello periferico, si concentra l’attenzione del Consiglio di Stato con il parere n. 1127/2018. In particolare, la delibera si occupa di come applicare l’articolo 14-ter, comma 4, della legge 7 agosto 1990 n. 241, norma-strumento significativo di semplificazione, che trova applicazione, conformemente anche all’articolo 117 della Costituzione, anche per la normativa e l’azione amministrativa di competenza di Regioni ed enti locali.
In base all’articolo 14-ter, comma 5, della legge 241, infatti «Ciascuna regione e ciascun ente locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico di tutte le amministrazioni riconducibili alla stessa regione o allo stesso ente locale nonché l'eventuale partecipazione delle suddette amministrazioni ai lavori della conferenza».

I dubbi interpretativi
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, prendendo spunto dai dubbi interpretativi sollevati anche da parte di altre amministrazioni statali sulle modalità di prima applicazione della norma, ha posto quattro questioni interpretative su figura e poteri del rappresentante unico delle amministrazioni statali in seno alla conferenza di servizi:
1) quale sia l'ambito di applicazione dell'espressione “amministrazioni statali” contenuta nel comma 4;
2) se nella conferenza di servizi indetta da un’amministrazione statale il rappresentante unico rappresenti anche l'amministrazione procedente o solamente le amministrazioni statali diverse da quella procedente;
3) quale sia l’ambito di applicazione dell’istituto della conferenza di servizi e più in particolare del rappresentante unico in relazione all’articolo 29-quater del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 (codice ambiente);
4) se il rappresentante unico dello Stato, dopo aver reso il proprio parere, possa successivamente modificarlo.

La rilevanza del decisore unico
Le analisi di dettaglio della commissione speciale del Consiglio di Stato sono state precedute da alcune considerazioni generali che hanno evidenziato come la possibilità di interfacciarsi con un unico interlocutore per l’insieme degli interessi pubblici di matrice statale costituisca, indubbiamente, una assai importante novità. Ciò sia sotto l’aspetto della funzionalità dell’istituto, sia non da ultimo sotto l’aspetto dell’immagine stessa che lo Stato dà di sé, atteso che la presenza di più amministrazioni riconducibili alla stessa persona giuridica pubblica Stato che si trovino a rappresentare in maniera contraddittoria l’interesse pubblico dello Stato stesso appare ipotesi (non lontana dal vero, purtroppo) del tutto contrastante con il più basilare canone costituzionale del buon andamento dell’amministrazione pubblica.
La previsione, pertanto, dell’unico rappresentante dell’interesse statale che, auspicabilmente, prima di recarsi in conferenza faccia efficace sintesi è senza dubbio uno strumento significativo di semplificazione e soprattutto di concentrazione, nonché, per certi versi, di diversificazione tra la valutazione complessiva dell’interesse pubblico che fa lo Stato rispetto a quella propria degli altri enti pubblici.
E il fatto che le singole amministrazioni statali possano comunque, secondo legge, intervenire ai lavori della conferenza in funzione di supporto non deve costituire mezzo di intralcio ex post dell’azione amministrativa semplificata e della rappresentanza “concentrata”, anche se, secondo il Consiglio di Stato, rimane non del tutto risolta, nel nuovo testo, la questione della valutazione della posizione statale in termini di giudizio di prevalenza, atteso che appare incongruo che non si possa tener conto che il rappresentante unico dello Stato, che si rende portatore di molteplici interessi pubblici la cui cura è intestata a diverse amministrazioni, debba poter spendere in seno di conferenza un peso proporzionato ai molteplici interessi rappresentati.

Gli indirizzi interpretativi del Consiglio di Stato
Secondo la commissione, gli enti pubblici non economici possano presenziare con un proprio rappresentante, distinto dal rappresentante unico statale.
Questa tesi, infatti, oltre ad apparire conforme a una interpretazione letterale dell’articolo 1, comma 2, del Dlgs 30 marzo 2001 n. 165 , considera la specificità degli interessi da loro tutelati, di norma differenti da quelli espressi dall’amministrazione statale vigilante, e, nel prevenire possibili conflitti di interesse, evita la riunione in uno stesso soggetto delle qualità di vigilante e di vigilato.
È coerente con la logica del sistema che l’ente in questione e l’amministrazione vigilante siano rappresentati da soggetti diversi: l’obiettivo di semplificazione perseguito dalle norme sulla conferenza di servizi non può essere perseguito in modo tale da confondere interessi distinti.
Sulla possibilità poi che nella conferenza (indetta da un’amministrazione statale) il rappresentante unico rappresenti anche l’amministrazione procedente o quelle dalla procedente, la commissione osserva che allo stato attuale non può che propendersi di tenere distinti i ruoli del rappresentante unico delle amministrazioni statali e dell’amministrazione statale procedente, anche quando quest’ultima è chiamata ad esprimere, altresì, atti di assenso, pena, altrimenti, uno sdoppiamento delle funzioni in capo allo stesso soggetto difficilmente comprensibile.
Ma, osserva il Consiglio di Stato, le scelte procedurali del legislatore appena esposte, e la chiave interpretativa che se ne è fornita, non escludono che si possa giungere a configurare un rappresentante unico completamente coincidente anche con l’amministrazione procedente, mancando tra l’altro una norma che espressamente lo vieti. Anzi, è il sistema che, nell’ottica della totale semplificazione e velocizzazione dei procedimenti, che può portare a tale risultato, con il rappresentante unico chiamato, in base alle scelte procedurali del legislatore, a rappresentare lo Stato-apparato nel suo complesso (non di certo lo Stato-comunità). Un divieto sussisterebbe solo nell’ipotesi di conflitto di interessi fra le due posizioni, conflitto da valutare però nel caso concreto, come nell’ipotesi (già accennata) in cui si riunissero nella stessa persona le posizioni di vigilante e di vigilato.
Per quanto riguarda l’utilizzo del rappresentante unico nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia), la presidenza del consiglio chiede se l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) debba partecipare alla Conferenza di servizi ovvero se la «proposta» di tale istituto debba essere considerata, invece, come preesistente e costituire dunque l’oggetto della conferenza stessa.
A parere della commissione, oggetto della conferenza di servizi è l’originaria domanda dell'interessato al rilascio dell’Aia, mentre la proposta dell’Ispra rappresenta solo uno degli apporti istruttori necessari per decidere. Pertanto, anche l’Ispra ha pieno titolo per partecipare alla conferenza con un proprio rappresentante, distinto dal rappresentante unico delle amministrazioni statali.

La possibilità di modificare il parere reso
La commissione speciale, infine, ammette la possibilità per il rappresentante unico di rivedere la propria posizione sino a chiusura della conferenza modificando il parere reso.
Il rappresentante potrà infatti sentire le amministrazioni coinvolte prima che la conferenza si svolga, anche per stabilire i margini operativi del suo agire. Ove, nel corso della conferenza, le altre amministrazioni rendessero elementi nuovi, il rappresentante dovrà comunicare, eventualmente richiedendo a tal fine un breve rinvio della discussione, quanto emerso alle amministrazioni interessate, consultandole velocemente, e tener conto dei rilievi ulteriori che esse dovessero formulare.
In questo caso, però, non si avrebbe un nuovo parere, ma semplicemente una modalità ulteriore di giungere all’unico atto di assenso rilevante, ovvero quello che risulta dal verbale conclusivo della conferenza, che in ipotesi si chiuderebbe solo dopo aver dato al rappresentante unico la possibilità di consultarsi ulteriormente con le amministrazioni rappresentate. Il tutto dunque va valutato in concreto, caso per caso.
Nel caso comunque in cui queste modalità non fossero rispettate, ovvero nel caso in cui il rappresentante unico si esprimesse nella conferenza senza alcun previo raccordo con le amministrazioni rappresentate, fatta salva la eventuale responsabilità personale, amministrativa o disciplinare, del rappresentante stesso, non si addiverrebbe per ciò solo all'invalidità della determinazione conclusiva della conferenza. Costituisce, infatti, principio generale dell’ordinamento che, in mancanza di norme specifiche, nella fattispecie non sussistenti, i rapporti interni fra rappresentato e rappresentante siano inopponibili a chi entra in relazione giuridica con questi.

Il parere del Consiglio di Stato n. 1127/2018

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