Amministratori

Toghe e impegno nei partiti, legittima la sanzione disciplinare

Regge al test di costituzionalità l’illecito disciplinare per i magistrati che si iscrivono o partecipano in maniera sistematica e continuativa alla vita dei partiti. La Corte costituzionale, con un comunicato diffuso ieri, ha preannunciato, in attesa delle motivazioni che saranno note solo tra qualche tempo, che sono state giudicate infondate le questioni di legittimità sollevate dalla sezione disciplinare del Csm, chiamata a sua volta a valutare la posizione del governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, Pm da tempo “prestato” all’attività politica e, nel recente passato, candidato anche alle primarie del Pd.

Nel momento in cui, più volte, il neoministro della Giustizia Alfonso Bonafede (da ultimo al plenum della settimana scorsa) ha annunciato la volontà di porre fine per legge alla possibilità di reingresso in magistratura per le toghe impegnate in politica, dalla Consulta arriva un chiarimento sulla disciplina attuale. A dubitare della legittimità di quest’ultima era stato peraltro quello stesso Csm che, a sua volta, ha chiesto norme più rigide sui rientri in magistratura.

La sezione disciplinare infatti aveva messo in luce come sia a livello costituzionale Corte sia a livello legislativo è consentita la partecipazione dei magistrati alla vita politico-amministrativa attraverso la candidatura alle elezioni nazionali, regionali e degli enti locali oppure con la loro nomina come assessori dei rispettivi organi esecutivi (nel rispetto dei requisiti di eleggibilità previsti per ciascuna fattispecie).

Se, quindi, sottolineava la sezione disciplinare, al magistrato la normativa consente, a certe condizioni, lo svolgimento di un compito che non può non essere collegato alle dinamiche politico-partitiche, tutto questo dovrebbe poi avere un riflesso sull’interpretazione da dare all’articolo 3, lettera h) del decreto legislativo n. 109 del 2006 che porterebbe ad escludere la rilevanza disciplinare in tutti quei casi in cui la partecipazione del magistrato ad aspetti e momenti della vita politico-partitica è collegata alle caratteristiche della funzione legittimamente ricoperta dal magistrato fuori ruolo «sembrando irrazionale e contraddittorio consentire, da una parte, l’assunzione di tali ruoli e dall’altra sostanzialmente vietare - ed anzi sanzionare disciplinarmente - alcune manifestazioni e situazioni, ritenute sintomo di organico schieramento partitico».

Di diverso avviso era stata la Procura generale della Cassazione che, nell’atto di incolpazione di Emiliano, aveva valorizzato il fatto che l’ex pm avesse ricoperto una serie di incarichi di vertice nel Partito democratico segretario regionale del Pd e presidente del Pd Puglia) che, da una parte, hanno come presupposto per statuto l’iscrizione al partito politico di riferimento e, dall’altra, non sono strettamente inerenti allo svolgimento dei mandati amministrativi di sindaco di Bari prima e di governatore poi.

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