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Antitrust, garantire il gioco della concorrenza per contrastare le rendite di potere

L’antitrust come strumento per contrastare la diseguaglianza e le rendite di posizione che la favoriscono. Su questo tema ha posto l’accento la relazione annuale letta ieri dal presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella, alla presenza delle massime autorità dello Stato. Si tratta di un messaggio in controtendenza in una fase nella quale l’apertura dei mercati alla concorrenza interna e internazionale subisce battute d’arresto. Sta montando infatti un’ondata all'insegna del sovranismo, di un ruolo più intrusivo dello Stato, del ripristino dei dazi e di altre misure tese a chiudere i mercati.

In realtà, come ha ricordato Pitruzzella, fin dalle origini del diritto antitrust negli Stati Uniti a fine Ottocento le autorità di tutela della concorrenza si collocano “al crocevia tra il mercato, la democrazia e la coesione sociale”. Lo Sherman Act del 1890 fu emanato sotto la pressione dei consumatori, agricoltori e piccoli imprenditori contro lo strapotere economico dei trust, introducendo addirittura sanzioni penali contro i responsabili degli abusi e dei partecipanti ai cartelli. Da ultimo, in mezzo della crisi finanziaria scoppiata nel 2008, economisti lontani dal dogma iperliberista (Piketty, Stiglitz, ecc.) hanno auspicato interventi più incisivi delle autorità antitrust per contrastare il potere di mercato, che aumenta la ricchezza degli azionisti e dei top manager, cioè di chi si trova già nella fascia di reddito più alta.

Gli obiettivi dell’antitrust devono dunque includere sempre di più, secondo Pitruzzella, lo stimolo all’innovazione, la modernizzazione delle strutture dell’economia italiana, i risparmi per i bilanci pubblici e appunto il contrasto alle diseguaglianze attraverso la lotta alle rendite di posizione. Proprio in questa prospettiva, negli ultimi anni l’autorità ha accentuato la politica sanzionatoria aprendo più di 130 casi e irrogando quasi un miliardo e mezzo di sanzioni. Inoltre, ha posto un freno alle imprese che, per evitare le sanzioni, propongono all’autorità impegni comportamentali volti a superare le criticità rilevate dall’autorità e a eliminare le alterazioni del gioco della concorrenza. Le decisioni che accolgono gli impegni ed escludono la sanzione sono diminuite dal 49% del precedente settennato a circa il 26%
dei casi decisi.

Il potere di mercato da combattere con gli strumenti dell’antitrust si manifesta in forme sempre nuove. Basti pensare ai giganti della rete, come Google, Amazon, Facebook e Apple che, data la presenza globale, hanno come controllore principale, più che le autorità nazionali di concorrenza, la Commissione europea nell’esercizio dei poteri previsti dai Trattati. La lotta contro le rendite si svolge, specie in Italia, anche su un altro fronte: le norme statali e regionali restrittive della concorrenza sollecitate dalle varie lobby. Negli ultimi anni, l’Autorità antitrust ha utilizzato a fondo vari strumenti: 414 segnalazioni al Parlamento, alle Regioni e alle pubbliche amministrazioni statali e regionali volte a stimolare interventi modificativi di norme in vigore o in corso di approvazione distorsive della concorrenza; 76 inviti al Governo a impugnare leggi regionali lesive della concorrenza; 135 pareri volti a ottenere la rimozione di un atto o di una regolazione anticoncorrenziale ai quali può seguire l’impugnazione davanti al giudice amministrativo.

La relazione di Pitruzzella vale come resoconto di fine mandato e come lascito al nuovo presidente che verrà designata dai vertici del Parlamento in autunno. Si tratta di una nomina strategica dalla quale dipenderà, specie in un collegio con tre soli componenti (una scelta che andrebbe ripensata), la continuità di un’azione che deve essere sempre più efficace. Da essa si potrà trarre un segnale preciso sull’ispirazione e sugli obiettivi della nuova stagione politica.

La relazione annuale

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