Amministratori

Whistleblowing alla prova della prima applicazione

a cura di Paolo Canaparo

Il 2018 rappresenta il banco di prova per verificare se la legge 179/2017 di riforma del whistleblowing, in vigore dal 29 dicembre dello scorso anno, è in grado davvero di tutelare chi segnala illegalità ed episodi di malgoverno sul posto di lavoro e di contribuire così in maniera significativa a contrastare la corruzione, principale obiettivo del modello di prevenzione amministrativa disegnato dalla legge 190/2012.
Norma che ha meritoriamente riconosciuto per la prima volta il ruolo fondamentale del whistleblower quale dipendente di un'amministrazione che segnala violazioni o irregolarità commesse ai danni dell'interesse pubblico agli organi legittimati ad intervenire, senza però dar vita a un impianto organico di tutele effettive ed efficaci per il segnalante, né di valide sanzioni per il responsabile di atti persecutori nei confronti del denunciante.
La legislazione è stata poi integrata dal Dl 90/2014, che ha «espanso» le competenze dell’Anac nel gestire, oltre alle segnalazioni provenienti da propri dipendenti interni, anche quelle che i dipendenti di altre amministrazioni possono indirizzarle. Successivamente l'Anac, con la determinazione del 28 aprile 2015 n. 6 ( Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti) ha poi fornito un modello procedurale per la gestione delle segnalazioni, che tiene conto dell'esigenza di tutelare il dipendente che le invia.

L'impatto del nuovo modello di protezione
In tale contesto è intervenuta la legge di riforma approvata alla fine della scorsa legislatura, che intende dare nuovo slancio alla figura del whistleblower, prevedendo una disciplina volta a limitare, con diverse modalità, la pubblicizzazione dell'identità del segnalante e assicurandone una più ampia ed efficace protezione da possibili discriminazioni. L'auspicio è che l'istituto del whistleblowing registri un effettivo radicamento in tutte le Pa.
Sul punto, nel 3° Rapporto annuale presentato lo scorso 28 giugno, l’Anac mette in evidenza un significativo aumento del numero di segnalazioni ricevute dal 2017 (2014 primo ano considerato), analizzata la serie storica dei dati statistici.
Tale incremento a partire dal 2017 è il primo dato che colpisce analizzando il Rapporto. Tra il 2015 e il 2016 il numero di fascicoli aperti annualmente dall'Anac non ha superato le 180 unità, con una media di circa 150. Nell'anno della riforma, invece, 350 fascicoli, dato destinato a crescere ulteriormente nel 2018 in quanto, solo nei primi cinque mesi dell'anno, le procedure avviate dall'Autorità hanno già superato quota 330 (oltre 600 le segnalazioni ricevute, con una media mensile più che raddoppiata rispetto all'anno precedente).

La mappa
È poi interessante l'area geografica di provenienza delle segnalazioni. Con valori sostanzialmente sovrapponibili fra 2017 e 2018, la maggioranza relativa dei whistleblowers si colloca nel sud del Paese (43% circa), seguono il Nord (poco oltre il 32 per cento) e il Centro (quasi il 22%). Quanto alla qualifica del soggetto segnalante, rilevantissima è la porzione di dipendenti pubblici (circa il 66% nel 2017 e il 56% nei primi mesi del 2018), di molto superiore a quella seguente dei dirigenti (quasi 15% e circa 12%, rispettivamente, nel 2017 e 2018). Molto significativo, nel 2018, il numero delle segnalazioni provenienti da dipendenti o collaboratori di aziende private che lavorano per la Pa, ovvero di enti pubblici privati o di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico.

Le condotte segnalate
Le tipologie di condotte illecite maggiormente segnalate sono i demansionamenti e i trasferimenti illegittimi derivanti da segnalazioni (19% nel 2017 e 25% nel 2018), alla cattiva amministrazione (circa 21% e poco oltre 22%), nonché all'illegittimità degli appalti (17% e 13%). Gli enti cui appartengono i segnalanti sono principalmente Regioni ed enti locali (46 per cento nel 2017 e 36 per cento nel 2018); istituzioni scolastiche (12 per cento e 17 per cento circa); aziende sanitarie e ospedaliere (14 e 15 per cento); e società pubbliche (7 e 10 per cento circa).
Il rapporto dell'Anac peraltro evidenzia alcuni problemi riscontrate dalle amministrazioni che rischiano di compromettere l'attuazione della legge di riforma. Tra queste si annoverano la mancanza di specifici poteri di indagine utili al riscontro dei fatti segnalati, con un conseguente allungamento dei tempi dell'istruttoria; l'utilizzo improprio dell'istituto, con segnalazioni riferite a materie non di competenza dell'ente; la scarsa qualità delle segnalazioni; la scarsa fiducia nell'istituto del whistleblowing; le difficoltà a trattare segnalazioni provenienti dai collaboratori delle imprese appaltatrici; le difficoltà dell'istituto ad attecchire nei contesti lavorativi di ridotte dimensioni. Considerazioni sulla fondatezza delle segnalazioni sottolineano come sempre più spesso la tutela di chi segnala illeciti e irregolarità civili, penali e amministrative nella Pa finisca per diventare strumento per dare sfogo a invidie all'interno dei luoghi di lavoro.

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