Amministratori

Nessun limite orario per acconciatori ed estetisti

di Pippo Sciscioli

Acconciatori ed estetisti non sono più assoggettati al rispetto di orari massimi di apertura e di giorni infrasettimanali di chiusura come previsto dalle vecchie normative di settore, travolte dall'ondata liberalizzatrice europea della direttiva «Bolkestein» 123/2006. Per questo è legittima l'ordinanza sindacale emessa nel rispetto dell'articolo 50, comma 7, del Dlgs 267/2000 che liberalizza orari e turni, analogamente a quanto espressamente previsto dal legislatore per attività commerciali e pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, seguendo i principi dell'ordinamento comunitario e della nostra costituzione in tema di tutela della concorrenza e libertà di iniziativa economica. Principi che possono essere limitati, in un ponderato bilanciamento di valori costituzionalmente protetti, solo per imperativi motivi di interesse generale in tema di tutela della salute, dell'ordine pubblico, dell'incolumità e sicurezza pubblica, di salvaguardia del patrimonio ambientale, storico e artistico e culturale, che certo non vengono messi a rischio dal regime orario dell'attività giornaliera prescelto liberamente dall'acconciatore o estetista.

Sulla base di ciò, il Consiglio di Stato, in sede consultiva, con parere n. 2065/2018 emesso nell'ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica promosso da un'associazione rappresentativa di categoria, ha dato ragione al sindaco di Grosseto, autore della contestata ordinanza liberalizzatrice.

Il ragionamento del Consiglio di Stato si fonda su tre presupposti. In primo luogo sul fatto che i principi generali mutuati dal diritto europeo in materia di tutela della concorrenza e di rimozione di vincoli orari e di turni non possono non riferirsi a tutte le attività economiche lato sensu «di servizi», tra cui anche quelle artigianali di acconciatori ed estetisti. In particolare, tutte le attività «di servizi» non possono essere limitate né in fase statica - accesso all'attività - né in quella dinamica - esercizio della stessa - se non per motivi imperativi di interesse generale.
La seconda considerazione è che nell'elencazione della tipologia di limiti apponibili per motivi imperativi di interesse generale non figurano le limitazioni di orario.
Il terzo motivo è che in tutta la legislazione comunitaria e nazionale viene posta in rilievo la tutela della concorrenza, da un lato, e il carattere preminente di altri valori costituzionalmente garantiti, di salvaguardia del patrimonio ambientale, storico-artistico e culturale del Paese, che possono portare al sacrificio motivato del primo anche in relazione ad ambiti territoriali delimitati. Tuttavia, le autorità pubbliche possono porre limiti e restrizioni alle imprese esclusivamente per evitare danni alla salute, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, ma non per interessi di categoria.

Il parere del Consiglio di Stato n. 2065/2018

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