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Consulta: il Veneto non può obbligare uffici e prefetture a esporre la bandiera regionale

di Daniela Casciola

La Regione Veneto non può obbligare le prefetture e tutti gli altri uffici pubblici a esporre la bandiera regionale, nemmeno se affiancata a quella nazionale. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 183 depositata ieri, ha bocciato la norma regionale che impone l'obbligo, peraltro sanzionato, di esposizione del vessillo “locale” all'esterno degli edifici adibiti a sede di organi e uffici statali e di enti e organismi pubblici nazionali, nonché sulle imbarcazioni di proprietà di questi ultimi. Innanzitutto questa disposizione invade la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», in violazione dell'articolo 117 della Costituzione. Ma soprattutto, per la Consulta, lo Stato non può essere costretto dal legislatore regionale a fare uso pubblico di simboli – quali, nella specie, le bandiere regionali – che la Costituzione non consente di considerare come riferibili all'intera collettività nazionale.

Il caso
Il Presidente del Consiglio dei ministri aveva promosso, in riferimento agli articoli 3, 5 e 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli articoli 3, comma 1, e 8, comma 1, della legge della Regione Veneto 5 settembre 2017, n. 28 (Nuove disposizioni in materia di uso dei simboli ufficiali della Regione del Veneto modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 maggio 1975, n. 56 - Gonfalone e stemma della Regione). La prima delle due disposizioni è stata impugnata per la parte in cui prevede l'obbligo di esposizione della bandiera della Regione Veneto all'esterno degli edifici sedi delle prefetture, degli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato e degli altri organismi pubblici, anche statali o nazionali, all'esterno degli enti pubblici – comprensivi anche degli enti pubblici statali e nazionali – che ricevono in via ordinaria finanziamenti o contributi a carico del bilancio regionale, sulle imbarcazioni di proprietà di organismi pubblici, e quindi anche sui natanti di proprietà di organismi statali e nazionali, nonché ogni qualvolta sia esposta la bandiera italiana o europea.

La decisione
La Corte ha quindi dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 1, perché contrario all'articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva statale la materia dell'«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», introducendo obblighi – per di più sanzionati – a carico dei soggetti preposti a organi e uffici statali e a organismi ed enti a carattere nazionale. Nel caso in esame, la disposizione regionale impugnata pone a carico di organi e amministrazioni dello Stato (a cominciare dai prefetti), nonché di organismi ed enti pubblici nazionali, uno specifico obbligo di facere (l'esposizione della bandiera veneta all'esterno degli edifici in cui gli uffici in questione hanno sede, o sulle imbarcazioni di proprietà degli organismi).
La Consulta fonda la propria decisione sulla violazione dell'articolo 5 della Costituzione nella parte in cui enuncia il principio di unità e indivisibilità della Repubblica. Articolo 5 che i giudici leggono alla luce della specifica disposizione costituzionale – collocata anch'essa, come detto, tra i «[p]rincipî fondamentali» – relativa alla bandiera: ossia l'articolo 12, anche se non sollevato come parametro dal ricorrente, che individua nel «tricolore italiano» la bandiera della Repubblica, erigendola a simbolo dell'unità nazionale. Questa lettura esclude che lo «Stato-soggetto possa essere costretto dal legislatore regionale a fare uso pubblico di simboli – quali, nella specie, le bandiere regionali – che la Costituzione non consente di considerare come riferibili all'intera collettività nazionale».

I giudici non hanno condiviso la tesi della difesa della Regione secondo la quale la disposizione censurata, lungi dal violare l'articolo 5 della Costituzione, lo attuerebbe, nella parte in cui, pur qualificando la Repubblica come «una e indivisibile», le affida però il compito di promuovere le autonomie locali, affermando così il principio del pluralismo. L'esposizione della bandiera veneta, in aggiunta alla (e non già in sostituzione della) bandiera nazionale, mirerebbe – secondo la resistente – segnatamente a esaltare il raccordo tra gli uffici statali e la realtà territoriale in cui operano, realizzando una istanza di sintesi della pluralità in unità non dissimile, nella sostanza, da quella che giustifica l'accostamento – voluto dallo stesso legislatore statale – della bandiera nazionale alla bandiera dell'Unione europea nelle sedi dei massimi organi dello Stato.

La sentenza della Corte costituzionale n. 183/2018

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