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Luoghi di culto, ancora alla Consulta la legge della Lombardia per dubbi sui tempi di risposta del Comune

di Giampaolo Piagnerelli

Ancora alla Corte costituzionale la legge della Regione Lombardia sulle aree che accolgono attrezzature religiose. A rinviarla è il Tar di Milano con la sentenza n. 2227/2018 in cui si dichiara rilevante e non manifestamente infondata la quesitone di legittimità costituzionale dell'articolo 72, comma 5, della legge regionale della Lombardia 11 marzo 2005 n. 12, nella parte in cui, avuto riguardo alla tutela costituzionale riservata alla libertà religiosa, non detta alcun limite alla discrezionalità del Comune nel decidere quando e in che senso decidere sulla richiesta di individuazione di edifici o aree da destinare al culto.

I giudici meneghini hanno evidenziato, in particolare, come attenendosi al tenore letterale della norma, i fedeli di una confessione che intendano trovare una sede per esercitare il proprio culto debbano attendere per un tempo indeterminato la decisone del Comune di individuare o meno un'area da destinare ad attrezzatura religiosa.
Quindi la norma contrasterebbe con i principi costituzionali dove prevede un termine – di 18 mesi – per l'adozione del piano delle attrezzature religiose, decorso il quale non viene previsto alcun intervento sostitutivo, ma viene demandata all'amministrazione comunale la facoltà di introdurre il piano in sede di revisione o adozione del piano di governo del territorio, senza alcun ulteriore termine. In tal modo viene innazitutto limitata la libertà di religione sotto il profilo del diritto ad avere spazi da dedicare al suo esercizio.
La disposizione regionale, inoltre, laddove fa divieto ai Comuni di adottare il piano delle attrezzature religiose dopo il termine dei 18 mesi, ma necessariamente solo contestualmente alla revisione del Pgt, viola il principio di autonomia riservata ai Comuni in relazione all'esercizio dei poteri e delle funzioni di loro competenza.

Partendo necessariamente dalla sentenza della Corte costituzionale 24 marzo 2016 n. 63 secondo cui «Non è consentito al legislatore regionale all'interno di una legge sul governo del territorio, introdurre disposizioni che ostacolino o compromettano la libertà di religione», il Tar evidenza i motivi specifici di contrasto con gli articoli della Costituzione: 2 (tutela dei diritti inviolabili dell'uomo), 3 (principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge), 5 (riconoscimento e promozione delle autonomie locali), 19 (diritto di professare la propria fede religiosa).

La sentenza del Tar Milano n. 2227/2018

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