Amministratori

Interdittiva antimafia anche per condanne ancora oggetto di impugnazione

di Susy Simonetti e Stefania Sorrentino

Il presupposto per l'interdittiva antimafia prescinde dal fattore tempo e può legittimamente fondarsi anche su sentenze di condanna non recenti, e ancora oggetto di impugnazione, purchè sussistano elementi da cui si ricavi un quadro indiziario sintomatico di un pericolo attuale e concreto di condizionamento dell'attività d'impresa da parte della criminalità organizzata (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 12 ottobre). Così si è espresso il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5784/2018.

Il caso
Una impresa mandataria di un raggruppamento ha chiesto la riforma della sentenza con cui il giudice amministrativo di primo grado ha annullato il provvedimento prefettizio di informativa antimafia interdittiva emesso nei confronti della mandante e la nota dell'Agenzia delle entrate con cui viene chiesto all'appellante di estromettere la mandante dal Rti. Giurisprudenza consolidata afferma che se l'informativa antimafia interessa un'impresa diversa dalla mandataria di un Rti, le cause di divieto di partecipazione agli appalti non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti quando quella impresa sia estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto.

La decisione
I magistrati di Palazzo Spada hanno accolto le doglianze dell'appellante ritenendo che sussistesse un quadro indiziario sufficiente, coerente e coordinato che giustifica l'adozione di una misura preventiva volta a impedire i rapporti contrattuali con la Pa di imprese formalmente estranee ma, direttamente o indirettamente, coinvolte, colluse o condizionate dalla delinquenza organizzata di stampo mafioso.
Il nodo centrale non è il decorso del tempo, in sé elemento neutro, non in grado, isolatamente preso, di dimostrare il venir meno di legami e sodalizi criminali, se non supportato da ulteriori e convincenti elementi indiziari, ma la presenza di un fatto, ancorchè non attuale, dal quale si può desumere un tentativo di infiltrazione mafiosa.
Rileva in questo senso una precedente condanna per usura, considerato uno dei cosiddetti delitti-spia, su cui fondare, in base agli indizi raccolti, anche se risalenti nel tempo, ma considerati nel loro complesso, una ipotesi di ragionevole e probabile permeabilità della singola impresa ad ingerenze di stampo mafioso.

L’attualità del rischio
AI fini dell'interdittiva non è richiesta la prova dell'attualità dell'infiltrazioni mafiosa, ma la sussistenza di elementi dai quali dedurre, secondo la regola causale del «più probabile che non», il rischio di coinvolgimento associativo con la criminalità organizzata da parte dell'impresa «attenzionata», e l'attualità e concretezza di tale rischio.
Le valutazioni poste in essere ai fini dell'adozione del provvedimento costituiscono espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati.
Il provvedimento prefettizio persegue finalità di carattere preventivo, come strumento di controllo sociale e non ha natura sanzionatoria, poiché una simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell'informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante.
La scelta adottata dal legislatore nel disciplinare l'informativa su base indiziaria risponde all'esigenza di bilanciare la tutela costituzionale della libertà di iniziativa economica con l'interesse pubblico a contrastare forme subdole di aggressione all'ordine pubblico economico, alla libera concorrenza e al buon andamento della pubblica amministrazione.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5784/2018

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