Amministratori

Illegittima l'istanza unica di accesso ordinario e civico

di Pietro Alessio Palumbo

Con le sentenze gemelle, nn. 8302 e 8303 del 2018, il Tar del Lazio ha respinto due ricorsi in materia di accesso ai documenti riguardanti le tornate assunzionali di assistenti giudiziari presso il ministero della Giustizia, esponendo che, con riguardo alla medesima documentazione, non è possibile presentare unica istanza di accesso ordinario e civico.

L’inconciliabilità
L'accesso ordinario agli atti disciplinato dalla legge 241/1990, resta senz'altro praticabile parallelamente al più recente accesso civico istituito dal Dlgs 33/2013. Tuttavia, i due istituti agiscono sulla base di norme e presupposti molto diversi. Tenere distinte le fattispecie è essenziale per calibrare i differenti valori in gioco. Il bilanciamento degli interessi è ben diverso tra accesso ordinario, dove è consentito un accesso più in profondità ai documenti, e accesso civico, dove le esigenze di controllo diffuso dei cittadini devono consentire un accesso meno profondo del primo, ma più dilatato. L'accesso in questo secondo caso, comporta una larga conoscibilità e diffusione di dati, documenti e informazioni. Qualora l'accesso ordinario previsto dalla legge 241/1990 non sia consentito, ad esempio per genericità della documentazione indicata o per non aver specificato il proprio interesse personale alla ostensione, non può essere riconosciuto meccanicamente, in via subordinata, quello civico.

La valenza pubblica
L'accesso civico è concedibile nell'ipotesi in cui la documentazione richiesta sia orientata al soddisfacimento di un interesse che presenti una evidente «valenza pubblica» e non resti confinato a un bisogno conoscitivo privato o individuale. L'accesso ordinario ha a oggetto documenti amministrativi, dovendosi pertanto escludere che attraverso questo istituto possano trovare ingresso richieste finalizzate a un controllo generalizzato sull'operato della Pa, tanto più quando, non risultino specificamente indicati, né in qualche modo resi identificabili, i documenti richiesti. Devono dunque essere valorizzate in chiave selettiva e delimitativa, le finalità per le quali l'accesso civico è stato previsto dai legislatori del Dlgs 33/2013 e del Dlgs 97/2016: favorire forme estese di controllo pubblico sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse comuni, promuovendo la massima partecipazione dei cittadini al dibattito sociale. Conseguentemente, per quanto il testo normativo non richieda l'inserimento di una motivazione nella richiesta di accesso civico, deve intendersi implicita la rispondenza dell'istanza stessa al soddisfacimento di un interesse di rilievo pubblico e non di un bisogno conoscitivo personale. In altre parole, una istanza d'accesso anfibia, lungi dal rappresentare partecipazione consapevole del cittadino alla dialettica pubblica, rischia di compromettere lo spirito stesso dell'istituto dell'accesso civico, menomandolo a una sorta di duplicato o supplente, di quello ordinario.

La sentenza del Tar Lazio n. 8202/2018

La sentenza del Tar Lazio n. 8203/2018

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