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Eusalp, la Lombardia si prepara a guidare la strategia alpina

Da gennaio la Lombardia, per conto di altre 5 regioni italiane e delle province autonome di Trento e Bolzano, assumerà la presidenza di Eusalp, il canale attraverso cui passa la politica dell’Unione europea per la macroregione alpina. È un’area che coinvolge 48 regioni, alcune delle quali tra le più ricche dell’Unione, con 80 milioni di abitanti in cinque Paesi Ue (Germania, Austria, Slovenia, Francia e Italia) più la Svizzera e il Liechtenstein. Per l’Italia partecipano, anche Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Liguria.

Nel forum annuale svoltosi a Innsbruck, la Lombardia ha preso idealmente il testimone dal Tirolo e ha presentato il programma della propria presidenza che si propone prima di tutto due sfide: dare efficienza operativa a una strategia complessa, partita solo 3 anni fa, e valorizzare la dimensione regionale come il livello più adatto per affrontare alcune questioni su scala europea. È una strategia che parte dal basso, con un forte impulso dalle regioni e il coinvolgimento diretto dei territori, come ha ricordato Raffaele Cattaneo, l’assessore centrista - ci tiene a sottolinearlo - delegato a rappresentare a Innsbruck la regione guidata dalla Lega.

A raccontarla si fa fatica a dire in quali fatti concreti si sia tradotta finora questa strategia Ue, dotata di risorse molto limitate e in sovrapposizione con altre iniziative come la Convenzione alpina (a livello di province) e il programma Spazio alpino di Interreg. Un esempio illuminante viene dal presidente della provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, che spiega come proprio in seno al gruppo Eusalp sia maturata una posizione condivisa tra i territori in materia di trasporti su un progetto di dimensione europea come il tunnel del Brennero. «La nostra proposta che punta a trasferire traffico dalla strada alla rotaia, costruita insieme alle popolazioni locali, è stata inserita quasi integralmente dal memorandum of understanding tra Germania, Austria e Italia sul corridoio del Brennero, tratto strategico dell’asse Berlino-Palermo, tra Nord Europa e Mediterraneo». Le istanze locali che si intrecciano con interessi nazionali e transnazionali e trovano un punto di incontro in cui si conciliano esigenze così diverse come la qualità della vita nelle vallate alpine e l’efficienza della logistica continentale.

La strategia Alpina, che può aspirare a essere considerata matura, dovrà misurarsi con la capacità di «portare risultati reali». E per Cattaneo gli obiettivi sono la «creazione di condizioni di sviluppo che rendano più attrattiva la macroregione» e la promozione di «un lavoro culturale sugli elementi comuni che hanno reso amici questi territori, nonostante lingue e storie differenti». Questi obiettivi, che si svilupperanno nel solco della green economy e della sostenibilità, «hanno bisogno di un forte coinvolgimento politico, devono cioè diventare un obiettivo politico prioritario per i nostri governi nazionali, regionali e locali».

Prima con Roberto Maroni e oggi con Attilio Fontana, entrambi della Lega, la Lombardia ha insistito molto per avere nel 2019 la guida della presidenza italiana di Eusalp. La regione è responsabile del gruppo d’azione sulla ricerca e l’innovazione, ma è molto interessata anche alla formazione scolastica e in particolare al modello “duale” tedesco cui il sistema imprenditoriale lombardo guarda come risposta efficace alle difficoltà nel trovare tecnici qualificati. Tutto ciò è a prima vista in antitesi con le posizioni che la Lega esprime nel dibattito nazionale pro o contro Ue, una contraddizione forse apprezzabile per chi ha a cuore i valori dell’integrazione europea. In realtà si presta anche a un’altra lettura, poco tranquillizzante. L’attivismo lombardo-leghista nella macroregione alpina (uno «strumento per cementare l’Europa», nelle parole di Walter Deffaa, consigliere della commissaria Corina Cretu) può spiegarsi anche con le non celate ambizioni di “fare politica estera”, guardando verso Nord, al di là delle Alpi, verso regioni più affini alla realtà lombarda per tessuto economico, sociale e imprenditoriale. Tanto più che la strategia alpina della Ue nasce a Bruxelles, ma non cala dall’alto, non rientra nelle priorità della Commissione e fatica a trovare ascolto nei palazzi comunitari.

È un contesto, invece, in cui le regioni possono provare a giocare un ruolo da protagoniste in chiave transnazionale. E c’è chi si spinge addirittura a temere che nella macroregione qualcuno possa vedere una realtà statale e, archiviata l’idea di Padania, possa guardare a una “nazione alpina” come realtà geopolitica in cui portare i propri interessi, in un contesto comunque continentale. Vista dall’Italia, una prospettiva del genere non tarderebbe a tradursi in una spaccatura tra le regioni del Nord, in molti casi al passo con le aree europee più dinamiche, e quelle del Centro-Sud le cui difficoltà tendono ad aumentare piuttosto che a ridursi. Un’evoluzione della divisione Nord-Sud che ha già trovato evidenza nei consensi elettorali delle politiche di marzo. Ben vengano, dunque, la strategia alpina e l’impegno dell’Italia, della Lombardia e della Lega, ma attenzione al rischio di una deriva separatista pericolosa per tutti.

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