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Sicurezza e anticorruzione, la fiducia per arginare i dissensi di M5s e Lega

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Il decreto sicurezza oggi, al massimo domani sarà legge. Come ampiamente anticipato, il Governo ieri ha chiesto il voto di fiducia sul provvedimento in cima ai pensieri di Matteo Salvini che si prepara a sventolarlo in occasione della manifestazione di Piazza del Popolo a Roma di sabato 8 dicembre. Contemporanemente al Senato, in commissione Giustizia, procede spedito l’iter del ddl Anticorruzione con l’obiettivo di sanare il “vulnus” dell’alleggerimento dei reati di abuso di ufficio e peculato introdotto a sorpresa alla Camera.Il presidente della commissione, il leghista Andrea Ostellari ha confermato che i lavori puntano a portare in Aula il disegno di legge nella settimana che si apre il 10 dicembre. Tra le opzioni possibili per velocizzare il via libera di Palazzo Madama c’è anche il ricorso alla fiducia. Ma la riduzione dei tempi non è l’unica ragione. Tanto sull’anticorruzione che sul decreto sicurezza protagonisti sono stati, infatti, più che le opposizioni, i dissensi all’interno della maggioranza. Un dissenso palese quello nel M5s sul provvedimento caro a Salvini che ieri ha lanciato l’ennesimo avvertimento: «Per me fino a mercoledì,l’ordine del giorno è il decreto sicurezza o passa entro questa settimana, o salta», ha detto il ministro dell’Interno deciso a presidiare personalmente i lavori per portare a buon fine l’iter del provvedimento. Un risultato scontato vista l’apposizione della fiducia. I Cinque stelle, Di Maio in testa, hanno garantito all’alleato il sì, corroborato dal ritiro degli emendamenti al testo e dal diktat giunto ai deputati pentastellati di essere presenti in aula.I mugugni però non mancano. E lo si è visto ieri in occasione del confronto in Aula. «Le perplessità restano», ammette la deputata pentastellata Valentina Corneli che non esclude un intervento riequilibratore della Corte costituzionale e lo stesso presidente della commissione Affari costituzionali, il suo compagno di partito Giuseppe Brescia, evidenzia che «l’impianto del decreto regge», se non aumenteranno gli sbarchi e si procederà rapidamente ai rimpatri altrimenti c’è il rischio di un aumento dell’immigrazione clandestina. In ogni caso il voto palese imposto dalla fiducia evita che le perplessità possano moltiplicarsi e trasformarsi in franchi tiratori.

Anche sull’Anticorruzione le scelte saranno orientate ad evitare sorprese. Lo sgambetto sul peculato alla Camera - che per i Cinque stelle è stato provocato dai leghisti per “salvare” alcuni big del partito sotto processo - brucia ancora. Ma stavolta, nel passaggio a Palazzo Madama, a impensierire Luigi Di Maio più che il rischio dei franchi tiratori (al Senato il voto è sempre palese tranne alcune eccezioni) sono i tempi. Il leader del M5s vuole l’approvazione definitiva di quello che considera il provvedimento bandiera del Movimento prima della fine dell’anno, in coincidenza con il via libera alla legge di Bilancio. Le relatrici Angela Piarulli e Alessandra Riccardi, entrambe M5s, lavorano all’emendamento per ripristinare il testo originario, già votato dal Senato, cancellando il cosiddetto emendamento salva-Lega sul peculato introdotto a Montecitorio. Sarebbe questa l’unica modifica. Almeno da parte della maggioranza, secondo l’accordo raggiunto tra Di Maio e Salvini. Ma c’è chi sospetta che la Lega potrebbe “approfittare” dell’opposizione per allungare i tempi. Perché l’Anticorruzione diventi legge nel 2018 il testo del ddl deve essere licenziato dal Senato non oltre il 14 dicembre. Solo così sarebbe possibile approvarlo in tempo alla Camera, tenendo conto anche dell’ingorgo a Montecitorio impegnato sul decreto fiscale e sulla legge di Bilancio. Altrimenti per il sì si dovrà attendere la riapertura post-natalizia a metà gennaio. Uno slittamento pericoloso. Non solo per l’avvio della campagna elettorale delle europee ma anche perché tra gennaio e febbraio si terranno importanti aste sui titoli di Stato il cui esito è decisivo anche per la sopravvivenza del governo gialloverde.

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