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Incostituzionale la legge regionale che istituisce la figura professionale del clown di corsia

di Guido Befani

La legge regionale Puglia 20 dicembre 2017 n. 60, nell’individuare e definire la professione di clown di corsia in un modo tale che la relativa attività assuma le connotazioni distintive peculiari che la configurano come posizione qualificata nell’ambito dell’ordinamento giuridico, non può ritenersi espressione della competenza regionale in materia di «formazione professionale» di cui all’articolo 117 Cost., perché questa si riferisce alle figure professionali definite dal legislatore statale, delle quali la Regione, nell’esercizio della predetta competenza, può solamente regolare i corsi di formazione. È quanto afferma la Corte Costituzionale con la sentenza n. 228/2018.

L’approfondimento
La Corte Costituzionale è intervenuta sui profili di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 istitutiva della figura professionale del “clown di corsia”, perché non prevista dalla legislazione statale in materia.

La decisione      
Nel dichiarare l’illegittimità delle norme scrutinate, la Corte ha avuto modo di rilevare come la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” debba rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata allo Stato per il suo carattere necessariamente unitario, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.
Per la Corte, infatti, tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configurerebbe quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò derivando che non è nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali.
In questi termini, tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione rientrerebbe quello della previsione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo svolgimento dell’attività che la legge regolamenta, dal momento che l’istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, già di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale, prescindendosi dalla circostanza che tale iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento dell’attività cui l’elenco fa riferimento.
Ciò premesso, per costante giurisprudenza costituzionale, il nucleo della potestà statale si colloca nella fase genetica di individuazione normativa della professione: all’esito di essa una particolare attività lavorativa assume un tratto che la distingue da ogni altra e la rende oggetto di una posizione qualificata nell’ambito dell’ordinamento giuridico, di cui si rende espressione, con funzione costitutiva, l’albo. Ove, pertanto, la legge definisca i tratti costitutivi peculiari di una particolare attività professionale e le modalità di accesso ad essa, in difetto delle quali ne è precluso l’esercizio, l’intervento legislativo non si colloca nell’ambito materiale della formazione professionale, ma, semmai, lo precede. Una volta, invece, che la legge statale abbia dato vita ad un’autonoma figura professionale non si spiega per quale motivo le Regioni, dotate di potestà primaria in materia di formazione professionale, non possano regolare corsi di formazione relativi alle professioni già istituite dallo Stato.

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che non può dubitarsi che la legge impugnata individui e definisca la professione di clown di corsia, di modo che la relativa attività lavorativa assume le connotazioni distintive peculiari che la configurano come posizione qualificata nell’ambito dell’ordinamento giuridico, pertanto, l’intervento legislativo censurato non può ritenersi espressione della competenza regionale in materia di “formazione professionale”, perché questa si riferisce alle figure professionali definite dal legislatore statale, delle quali la Regione, nell’esercizio della predetta competenza, può regolare i corsi di formazione.

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