Amministratori

Potere di autotutela, Pa tenuta a osservare principi costituzionali e garanzie partecipative

di Emanuele Guarna Assanti

La revoca di un provvedimento amministrativo, in ossequio ai principi di legalità, efficacia, imparzialità e buon andamento, deve essere assistita dalle garanzie partecipative, da quelle formali e procedurali scaturenti dal canone del contrarius actus e dalla necessità di esplicitare le ragioni giustificanti la nuova determinazione. Ne deriva che essa, da un lato, non può assumere la forma implicita e dall’altro, deve estrinsecarsi in un procedimento corrispondente a quello a suo tempo seguito per l’adozione dell’atto revocando.
È quanto afferma il Tribunale amministrativo per la Calabria, Catanzaro, con sentenza n. 1978/2018.

 Il fatto
Si trattava di un concorso pubblico ai fini della nomina a revisore unico del Consorzio regionale per lo sviluppo delle attività produttive della Regione Calabria in relazione al quale, il secondo classificato, dopo aver avuto accesso agli atti di gara, invitava l’Amministrazione regionale a rivedere la propria determinazione ed eventualmente ad agire in autotutela, avendo ravvisato l’insufficienza della documentazione prodotta dal vincitore ad attestare il possesso dei requisiti professionali richiesti.
Accogliendo le censure mosse, la Regione revocava l’incarico e avverso tale provvedimento veniva proposta impugnazione.
Tra le varie censure, rilevano, in particolare, la violazione del principio del contrarius actus, in quanto l’Amministrazione resistente avrebbe esercitato il potere di autotutela senza avvalersi della medesima procedura utilizzata per lo svolgimento della selezione pubblica; la violazione dell’articolo 97 Cost., dell’articolo 7 legge 241 del 1990 e dell’articolo 51 c.p.c., in quanto la Pa avrebbe eluso gli obblighi, derivanti dall’applicazione del principio di buona fede, relativi alle garanzie partecipative.

La decisione
Il Giudice accoglie il ricorso, precisando che «il potere di ritiro in autotutela è essenzialmente caratterizzato dalla discrezionalità di cui gode la pubblica amministrazione, la quale, pertanto, richiede un onere motivazionale circa le concrete ragioni di pubblico interesse che inducono all’esercizio del relativo potere», e che nel caso di specie risultano del tutto assenti sia la partecipazione del ricorrente al procedimento di autotutela, sia una motivazione sull’interesse pubblico all’annullamento, sia lo svolgimento dello stesso procedimento prescritto per la nomina.
Sul punto, infatti, sussiste consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale la revoca di un provvedimento amministrativo, in ossequio ai principi costituzionali di legalità, efficacia, imparzialità e buon andamento, deve essere assistito dalle garanzie partecipative, da quelle formali e procedurali scaturenti dal canone del contrarius actus e dalla necessità di esplicitare le ragioni giustificanti la nuova determinazione. La conseguenza è che il provvedimento, da un lato, non può assumere la forma implicita e, dall’altro, deve estrinsecarsi in un procedimento corrispondente a quello a suo tempo seguito per l’adozione dell’atto revocando (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 9 luglio 2015, n. 3458).

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