Amministratori

Uso privato dell’auto di servizio solo se autorizzato specificamente

di Daniela Casciola

L'uso dell'auto di servizio a fini privati è in via generale vietato presumendo la sua esclusiva destinazione a uso pubblico, a meno che non ci siano provvedimenti che consentano deroghe «puntuali e documentate». Provvedimenti la cui esistenza e i cui contenuti devono essere oggetto di specifica prova se non si vuole incappare nel reato di peculato.
Con questo principio la Cassazione penale, con la sentenza n. 57517, depositata ieri, mette il punto sull'ennesimo caso di utilizzo personale dell'auto di servizio.

La vicenda vede protagonista un dipendente della Asl di Napoli che, in qualità di sindaco di un Comune, si faceva scarrozzare tra posto di lavoro e municipio dall'autista con l'auto di rappresentanza.

La Cassazione ha respinto il suo ricorso contro la sentenza del tribunale di Napoli prima e della Corte d'appello poi che lo avevano condannato per peculato.
La non utilizzabilità dell'auto a fini privati è logica conseguenza della sua destinazione a fini pubblici che deve ritenersi esclusiva in mancanza di atti amministrativi che ne autorizzassero l'uso privato. Di fronte a questo principio non hanno molto peso le testimonianze a favore rese dall'autista o la mancanza di un danno patrimoniale apprezzabile. A parte il fatto che – sottolineano i giudici - tragitti di pochi kilometri, ma molto frequenti e reiterati, hanno avuto il loro peso sulle casse del Comune non solo perché distoglievano l'autista dai propri compiti istituzionali ma anche e soprattutto per l'usura causata al mezzo e la spesa del carburante.

La sentenza della Corte di cassazione n. 57517/2018

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