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Prescrizione e Daspo a vita per i corrotti, il Csm boccia l’anticorruzione

Approvata da poche ore, la legge con le misure anticorruzione incassa una serie di fortissime perplessità da parte del Csm. In un parere votato ieri dal plenum a maggioranza, con la spaccatura della componente togata (Autonomia e Indipendenza con i suoi rappresentanti Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita si è dissociata), il Consiglio mette nel mirino due dei punti qualificanti dell’intervento. Sulla prescrizione il Csm sottolinea come il blocco del decorso dopo la pronuncia di primo grado, sia di assoluzione sia di condanna, rischia di avere l’effetto di allungare i processi, tenuto conto oltretutto del fatto che la stragrande maggioranza delle prescrizioni matura nella fase delle indagini preliminari.

A venire compromesso sarebbe allora il principio costituzionale della ragionevole durata, come pure quello di difesa dell’imputato, visto che, ricorda il Csm, la ricerca delle prove è tanto più difficile quanto è più ampia la distanza dal momento del reato. E allora, un intervento sulla prescrizione ha un senso, conclude il Consiglio, solo se accompagnato da una riforma complessiva dei tempi del processo penale che dura ancora troppo (tra 707 e 534 giorni a seconda del rito in primo grado e 901 in appello).

Ma a potere essere gravemente compromesse dall’eccessivo protrarsi dei procedimenti penali potrebbero essere , si preoccupa il Csm, le aspettative di ottenere giustizia da parte delle vittime dei reati. Lettura contestata da Davigo per il quale «è inutile fingere di non vedere: un sistema serio è un sistema che non ha né amnistia né prescrizione. Come si fa a dire che se la prescrizione viene bloccata si allungano i processi? Vediamo atteggiamenti dilatori continui. Per quanto mi riguarda non esistono né governi amici né nemici, ma la prescrizione fa disperdere enormi energie all’apparato giudiziario e di questo dobbiamo occuparci».

Il parere del Csm si sofferma poi sulle possibili ricadute economiche per l’Erario della dilatazione dei tempi. Per il solo anno 2017, i procedimenti potenzialmente a “rischio legge Pinto”, avverte il parere, sono stati individuati dal ministero della Giustizia in 224.602 per il primo grado e in 110.450 per il grado di appello.

Criticità presenta poi, nella lettura del Csm, anche il daspo a vita per i condannati per corruzione con pena superiore a 2 anni. Una misura che potrebbe confliggere con il principio costituzionale della proporzionalità della pena. Tanto più alla luce di quanto affermato da pochi giorni dalla Corte costituzionale con la sentenza che ha dichiarato l’illegittimità delle sanzioni accessorie per bancarotta.

Quanto agli effetti premiali della collaborazione, il Csm osserva che l’aspetto di criticità delle novità introdotte consiste nell’esclusione dei reati di peculato), di concussione, di corruzione aggravata, di traffico di influenze illecite dall’elenco di quelli per i quali la collaborazione può avere effetti premiali sulle sanzioni accessorie, rendendole temporanee. Questa esclusione, per il Csm, «da una parte determina un’irragionevole asimmetria del regime sanzionatorio accessorio tra fatti di analoga, se di non maggiore gravità (così il reato di corruzione non aggravato o quello di corruzione in atti giudiziari), dall’altro rischia di tradursi in un disincentivo a forme di collaborazione in settori in cui questa può risultare utile, almeno sotto il profilo del recupero delle somme e delle altre utilità trasferite».

Forti poi le perplessità espresse nel parere anche sul versante dell’esecuzione della pena, dove la contrarietà a una serie di benefici penitenziari non appare giustificata dalla gravità oggettiva di reati come il peculato, la concussione, alcuni casi di corruzione e l’induzione indebita.

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