Amministratori

Ottemperanza, salva la legge Pinto che impone per commissario un dirigente dell'ente inadempiente

di Amedeo Di Filippo

Con la sentenza n. 225/2018 la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma della legge Pinto che impone la nomina, quale commissario ad acta, di un dirigente dell'amministrazione inadempiente.

Le censure
Il Tar dell'Umbria ha sollevato questioni di legittimità costituzionale sull'articolo 5-sexies, comma 8, della legge 89/2001, la cosiddetta «legge Pinto», che regola l'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. L'articolo disciplina le modalità di pagamento delle somme liquidate; il comma 8 dispone che qualora i creditori propongano l'azione di ottemperanza «il giudice amministrativo nomina, ove occorra, commissario ad acta un dirigente dell'amministrazione soccombente, con esclusione dei titolari di incarichi di Governo, dei capi dipartimento e di coloro che ricoprono incarichi dirigenziali generali. I compensi riconosciuti al commissario ad acta rientrano nell'onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti».
Secondo i giudici umbri queste disposizioni, imponendo di nominare un dirigente dell'amministrazione soccombente, eliminerebbe il potere discrezionale del giudice dell'ottemperanza di scegliere il commissario ad acta più idoneo e imparziale e introdurrebbe così una deroga ingiustificata ai criteri generali di nomina degli ausiliari del giudice, in contrasto con i principi di ragionevolezza, di effettività della tutela giurisdizionale nonché con quelli di autonomia e di indipendenza degli organi giurisdizionali, che dovrebbero trovare applicazione anche per gli ausiliari del giudice.

Le ragioni della Consulta
I giudici costituzionali non accolgono la tesi, ricordando in primo luogo il principio secondo cui la garanzia di indipendenza sancita dall'articolo 108, secondo comma, della Costituzione non è applicabile agli ausiliari del giudice, ma solo a chiunque, estraneo al personale della magistratura, partecipi all'amministrazione della giustizia con poteri e funzioni di natura giurisdizionale. La norma della legge Pinto costituisce una deroga alla regola che attribuisce al giudice un ampio potere discrezionale nella scelta del commissario ad acta ritenuto più idoneo ad assolvere il compito che gli viene affidato. Ma trattandosi di norma che incide sulla disciplina processuale, al legislatore è riservata ampia discrezionalità, col solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà, che non è dato riscontrare nel comma 8 dell'articolo 5-sexies, che anzi risulta coerente con la finalità di razionalizzare i costi conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata dei processi nei punti in cui fa rientrare il compenso del commissario nell'onnicomprensività della sua retribuzione e rimedia all'inerzia mediante l'ausilio di un soggetto dotato delle competenze tecnico-contabili e della specifica e diretta conoscenza della gestione del bilancio dell'amministrazione inadempiente.

L'imparzialità
Né, aggiungono i giudici costituzionali, possono essere suffragati i dubbi sull'imparzialità del commissario in conseguenza della sua appartenenza all'amministrazione soccombente, in quanto nei giudizi di ottemperanza di cui alla legge 89/2001 questi esercita un'attività di carattere esecutivo e vincolato che si estrinseca in un pagamento. In più, al netto delle responsabilità di natura penale e contabile conseguenti all'omessa o ritardata esecuzione dell'incarico, restano pur sempre al giudice i poteri di controllo e di vigilanza sull'attività del commissario, i cui atti sono peraltro impugnabili dalle parti mediante reclamo allo stesso giudice dell'ottemperanza.

La sentenza della Corte costituzionale n. 225/2018

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