Amministratori

No al ricorso al Tar del consigliere contro le delibere comunali sul Piano di governo del territorio

di Alberto Ceste

Non esiste nessuna norma dell’ordinamento giuridico che legittima il ricorso giurisdizionale amministrativo dei consiglieri comunali avverso provvedimenti dell’Ente locale di appartenenza quali le deliberazioni comunali di approvazione del Piano di governo del territorio (Pgt), in quanto le stesse non sono direttamente lesive del diritto all’ufficio dei consiglieri stessi.
A ciò non giova certamente l’invocato articolo 78, comma 2, del Dlgs n. 267 del 18 agosto 2000 (Tuel) sulla prevenzione dei conflitti di interessi tra gli amministratori e gli amministrati.
Tale norma, infatti, tutela un bene diverso da quello che qui si asserisce essere stato leso, quello del diritto spettante alla persona investita della carica di Consigliere comunale a vedere tutelati i propri diritti in stretta correlazione con l’esercizio della carica di cui è investito.
Lo ha stabilito il Tar Lombardia - Milano, sezione II, sentenza n. 153/2019.

La questione
Il ricorrente, Consigliere comunale di minoranza, con un ricorso introduttivo e con un ricorso per motivi aggiunti ha impugnato innanzi al Tar due successive deliberazioni del Consiglio comunale aventi entrambe ad oggetto l’adozione del Pgt, assumendo la loro illegittimità per violazione degli articoli 97 della Costituzione (sul principio di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa), 78, comma 2, del Tuel e 16, comma 2, dello Statuto comunale (sui doveri dei Consiglieri comunali di astensione dalla discussione e dalla votazione di delibere foriere di potenziali conflitti di interessi nelle ipotesi ivi specificatamente delineate), chiedendo altresì la condanna del Comune al risarcimento dei danni.
L’illegittimità dei provvedimenti, a giudizio del ricorrente, risiederebbe nella modalità di approvazione degli stessi, avendo partecipato alle relative sedute consiliari ed ivi espresso il proprio voto favorevole anche un Consigliere di maggioranza che avrebbe invece dovuto astenersi in ragione di una sua presunta posizione di conflitto di interessi.
In particolare, poiché detto consigliere risulta affine entro il quarto grado di una terza persona, proprietaria di un’area oggetto di pianificazione del medesimo Pgt.

La sentenza
Il Collegio ha dichiarato inammissibili ambedue i ricorsi e respinto le correlate domande risarcitorie, rilevando che gli unici casi in cui la giurisprudenza consolidata ammette la legittimazione dei Consiglieri comunali ad impugnare atti e provvedimenti della propria Amministrazione sono quelli in cui gli stessi risultano lesivi del loro diritto all’ufficio.
Difatti, «il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi dello stesso ente, ma è rivolto a risolvere controversie intersoggettive».
Questa situazione non ricorre però nella fattispecie scrutinata, rispetto alla quale ogni eventuale violazione di forma o di sostanza nell’adozione delle deliberazioni in contestazione non si è tradotta in una lesione automatica dello ius ad officium del consigliere ricorrente.

Le ipotesi tassative in cui i Consiglieri comunali sono legittimati ad impugnare i provvedimenti dell’Ente di appartenenza
La sentenza in commento, sintetizzando quanto già affermato dal Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 3446 del 7 luglio 2014 e, da ultimo, dal Tar Campania – Napoli, sezione I, sentenza n. 3710 del 5 giugno 2018, presenta l’indiscutibile pregio di aver chiarito senza possibilità di equivoci che:
- ai sensi dell’articolo 78, comma 2, del Tuel, l’astensione del Consigliere comunale dalle deliberazioni assunte dal Consiglio opera in tutti i casi in cui questi, per ragioni di ordine obiettivo, non si trovi in posizione di assoluta serenità rispetto alle decisioni discrezionali da adottare;
- l’’interesse’ del Consigliere comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali che comporta «una tensione della volontà, verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all’adozione della delibera» (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 3446 del 7 luglio 2014);
- la legittimazione dei Consiglieri comunali dissenzienti ad impugnare i provvedimenti del Consiglio ha carattere eccezionale ed è riconosciuta soltanto quando i vizi dedotti attengono ai seguenti profili: «a) erronee modalità di convocazione dell’organo consiliare; b) violazione dell’ordine del giorno; c) inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare; d) più in generale, preclusione in tutto o in parte dell’esercizio delle funzioni relative all’incarico rivestito» (Tar Campania – Napoli, sezione I, sentenza n. 3710 del 5 giugno 2018).

 

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