Amministratori

La nota di chiarimento del dirigente in risposta alla richiesta di parere non è impugnabile

di Pietro Alessio Palumbo

La nota di chiarimento del dirigente sui contenuti di un documento dell'amministrazione, è un atto di scienza al quale è estraneo qualsiasi contenuto volitivo. In quanto inidonea a determinare lesione immediata, concreta e attuale agli interessi del privato, la nota non è dunque impugnabile. La nota non vincola l'amministrazione che, in caso di effettivo avvio del procedimento, può non tenerne conto. Questi gli efficaci principi evincibili dalla sentenza n. 30/2019 del Trga di Trento.

La vicenda
Una parrocchia trentina, avendo deciso di cedere un proprio immobile, ha chiesto agli uffici del Comune un parere preventivo sulla possibilità di cambiare la destinazione d'uso della struttura, che avrebbe voluto riportare alla precedente funzione residenziale. La commissione edilizia comunale ha espresso un parere negativo perché l'immobile ricade in zona agricola di interesse secondario, e quindi può solo conservare la funzione legittimata da precedenti provvedimenti abilitativi o trasformarsi in conformità alla pianificazione comunale esistente. La parrocchia allora ha chiesto alla commissione edilizia comunale un chiarimento sul contenuto del parere. Con una successiva nota, la direzione pianificazione e gestione del territorio del comune ha dettagliato e confermato le precedenti argomentazioni. Ritenendosi lesa dal contenuto negativo della nota a firma del dirigente del Comune, che le avrebbe precluso ogni concreta possibilità di vendita dell'immobile, la parrocchia ha proposto ricorso al Trga di Trento, per ipotizzata violazione e falsa applicazione di legge, eccesso di potere, illogicità e ingiustizia manifesta. La parrocchia ha anche eccepito in via subordinata l'incompetenza funzionale del dirigente che aveva emanato la nota.

La natura della nota dirigenziale
Il Trga di Trento ha affermato che una nota di chiarimento, ancorché dirigenziale, non ha contenuto provvedimentale, ne rappresenta la conclusione di un procedimento disciplinato e neppure una fase endoprocedimentale di un iter burocratico in corso. In altre parole, la risposta illustrativa con cui l'amministrazione esprime la propria lettura di atti e fatti inerenti a un quesito (ancorché concreto) non assume il rango di determinazione, né di spendita della discrezionalità vincolante dell'ente.
La nota del dirigente, analogamente al precedente parere della commissione edilizia comunale, assume semplice connotazione di orientamento preventivo. Orientamento, peraltro, verosimilmente richiesto al fine di valutare se dare o meno avvio al vero e proprio procedimento finalizzato al cambio di destinazione d'uso del fabbricato. Deduttivamente la nota di chiarimento è un atto dichiarativo con cui si comunica ad altri di essere a conoscenza di una determinata situazione avente valenza giuridica. Atto al quale è estraneo qualsiasi contenuto intenzionale concreto.
Questa stima anticipata, non vincola affatto l'amministrazione, che in un (eventuale) provvedimento definitivo, soprattutto in forza di argomenti e avvenimenti nuovi, ben può discostarsene. Per questa via, l'atto di chiarimento del dirigente è inidoneo a determinare una lesione immediata, concreta e attuale dell'interesse sostanziale del privato e ciò ingenera la naturale irreperibilità dell'interesse meritevole di tutela da parte del tribunale amministrativo regionale.

La sentenza del Tar Trento n. 30/2019

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