Amministratori

Per il Consiglio di Stato il sindaco può regolare l'orario degli esercizi commerciali

di Domenico Carola

Il sindaco può disciplinare gli orari di apertura e di chiusura delle attività commerciali con un'ordinanza di natura ordinaria e regolatoria. A chiarirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1567/2019.

Il fatto
Dei commercianti hanno impugnato davanti al Tar del Lazio un'ordinanza sindacale di modifica degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e, in generale, delle attività produttive insistenti sul territorio comunale. Il Tar ha qualificato l'ordinanza come contingibile e urgente e di conseguenza non idonea a regolamentare gli orari degli esercenti. Il Comune ha proposto ricorso affidandosi a un unico articolato motivo rubricato come «errores in iudicando riconducibile al travisamento dei presupposti, alla violazione dell'articolo 50, comma 7, del Dlgs 267/2000 e alla violazione dell'articolo 11 del Dlgs 114/1998».

La sentenza
I giudici di palazzo Spada hanno ribaltato la sentenza del Tar del Lazio affermando che l'ordinanza del sindaco non era certo di natura «contingibile e urgente», ma di natura regolatoria e ordinaria in quanto «volta a coordinare e riorganizzare (in base all'articolo 50 comma 7 del decreto legislativo 267/2000) gli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi».

L'analisi
Anche se la sentenza non entra nel merito della relazione tra la legislazione di liberalizzazione degli orari di esercizio delle attività e il potere del sindaco di regolarli previsto dal comma 7 dell'articolo 50 del Dlgs 267/2000, resta comunque lecito trarre alcune conclusioni. Si rafforza, nella giurisprudenza amministrativa, l'idea che non è stato sottratto al sindaco il potere di regolazione degli orari delle attività commerciali o artigianali. Resta evidente, tuttavia, che questa regolazione debba obbedire ai crismi di una motivazione concretamente aderente alle tensioni effettivamente emergenti dal territorio. Rimane poi il tema della capacità degli Enti di svolgere scelte orientate secondo diritto, nell'esercizio di questo particolarissimo potere di «ordinanza».

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1567/2019

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