Amministratori

Accesso senza limiti agli atti del procedimento con il quale è stato sciolto un Comune per mafia

di Paolo Canaparo

Massima accessibilità agli atti di scioglimento di un ente locale per infiltrazioni della criminalità organizzata: lo ha stabilito il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con la sentenza n. 56/2019, affrontando la vicenda di un sindaco di un Comune siciliano che aveva chiesto di prendere visione ed estrarre copia: della relazione del ministero dell'Interno a sostegno della proposta di scioglimento, del verbale della seduta del Consiglio dei ministri; della relazione redatta dalla commissione d'accesso che aveva esaminato l'attività amministrativa del Comune, del rapporto redatto dal Prefetto di Agrigento in relazione all'istruttoria ed eventuali atti connessi.
Essendogli stata negata la relazione della commissione di accesso insieme ad altri atti relativi al procedimento, in quanto riservati, il Sindaco adiva il Tar Palermo. La prima sezione ordinava all'amministrazione di esibire gli atti, per consentire all'interessato di comprendere a fondo le specifiche motivazioni (puntualmente espresse nella relazione della commissione) dello scioglimento.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha confermato la decisione in primo grado.

Il principio generale
Il giudice amministrativo siciliano di secondo grado ha evidenziato che è principio consolidato il dover motivare i provvedimenti amministrativi - soprattutto quelli ablativi o comunque compressivi di diritti - in particolare se di «diritti fondamentali» - quale è quello all'esercizio del mandato politico conferito dal Corpo elettorale.
Corollario di tale principio - sancito in più occasioni dal Consiglio di Stato - secondo cui le esigenze di tutela della riservatezza sono da considerare comunque recessive rispetto all'esigenza di tutela del diritto di difesa. Ciò significa che se il provvedimento fa riferimento (o rinvia) a un altro atto, anche tale atto dev'essere reso ostensibile al destinatario.

Gli atti segretati
Tali principi di garanzia per il destinatario del provvedimento ablatorio non mutano neanche ove quest'ultimo sia «segretato» o risulti in qualche modo «riservato» (o risultino tali gli atti su cui si fonda).
Dagli elementari principi di diritto declinati - comuni a qualsiasi ordinamento democratico deriva, infatti, che ove la Pa intenda segretare o tenere comunque riservati determinati atti, non può al tempo stesso pretendere di utilizzarli come supporto indirettamente motivazionale alla condotta amministrativa. Se un atto non è ostensibile non ha senso richiamarlo o pretendere che abbia funzione di motivazione, che per sua stessa natura non può non implicare un'attività ostensiva.
La condotta di chi si limiti a menzionare, in funzione motiva, un atto (o a dichiararne le esistenza e la rilevanza) senza però mostrarlo (e anzi rifiutando di mostrarlo), non differisce - quanto a effetti nei confronti del destinatario - dalla condotta di chi ometta del tutto di fornire la motivazione che su quell'atto pretende di fondarsi; e ciò in quanto in entrambi i casi il soggetto che subisce gli effetti del provvedimento ablatorio non viene messo nelle condizioni di percepire quale sia la specifica e puntuale ragione per la quale è stato adottato il provvedimento che lo pregiudica. Né, dunque, di difendersi.

Il diritto intangibile di difesa
A tanto deve aggiungersi che l'articolo 24 della legge n. 241/1990 garantisce comunque l'accesso ai documenti necessari per la difesa in giudizio, ed è questo il caso che ricorre nella specie. Inoltre la giurisprudenza ha già ritenuto pienamente accessibile, da parte del Sindaco del Comune disciolto, la relazione posta a base del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale per mafia.
Al riguardo il Consiglio di Stato ha affermato:
- che è illegittimo il diniego di accesso alla relazione prefettizia con cui è stato proposto lo scioglimento del consiglio comunale, considerato che l'articolo 143, comma 9, del Dlgs n. 267/2000 pone un principio di ordine generale sull'accessibilità della relazione prefettizia che non solo non è atto riservato, né oggetto del divieto di divulgazione, ma addirittura deve essere integralmente pubblicata nella Gazzetta Ufficiale quale atto coessenziale e facente corpo con il decreto di scioglimento unitamente alla proposta del ministro, a meno che lo stesso consiglio dei ministri disponga la riservatezza in casi «strettamente necessari» (sentenza Consiglio di Stato, sezione III, n. 3248/2011);
- che, dunque, «è evidente che la relazione prefettizia viene configurata dal legislatore come atto endo-procedimentale necessario, inserito nel complesso procedimento di scioglimento avente ex se funzione ed efficacia esterna»;
- che «il principio di libera accessibilità alla relazione prefettizia era stato peraltro già affermato dalla giurisprudenza amministrativa anteriormente alla novella legislativa in quanto non compresa nell'articolo 3 del Dm Interno n. 415/1994 (sentenza Consiglio di Stato n. n. 3248/2011).

La sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia n. 56/2019

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