Amministratori

Per l'accesso civico il giudice non ha poteri ispettivi

di Amedeo Di Filippo

Anche se l'accesso civico generalizzato non prevede un obbligo, è onere dell'interessato indicare i documenti richiesti non essendo consentito al giudice ordinare l'ispezione di uffici e locali di una pubblica amministrazione al solo fine di cercare documenti di cui si presume l'esistenza. È la conclusione cui approda la terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6028/2019.

Il fatto
La controversia riguarda la richiesta di accesso civico generalizzato allo stato di attuazione del memorandum d'intesa tra Italia e Libia sul programma di sostegno alla gestione integrata delle frontiere e dei flussi migratori, respinta dal Tar Lazio. In appello è stata eccepita l'incongrua motivazione posta a base del diniego, basata sulla necessità di evitare un pregiudizio a interessi pubblici connessi alla sicurezza pubblica, all'ordine pubblico e alla sicurezza internazionali, che tuttavia risulta affermata genericamente e correlata ad attività quali l'intervento umanitario, il miglioramento delle condizioni di accoglienza, la formazione del personale e delle forze dell'ordine che secondo l'appellante non rientrano nelle categorie escluse dall'accesso. Ragioni che non hanno trovato accoglimento presso la terza sezione del Consiglio di Stato, la quale ricorda che il memorandum è un accordo internazionale che prevede l'assunzione di obblighi reciproci nell'ambito della gestione dei flussi migratori, impegnando i due Stati a cooperare nella predisposizione di campi di accoglienza temporanei in Libia per ricoverarvi i migranti clandestini per il tempo necessario a rimpatriarli nel paese d'origine costituendo un comitato misto impegnato a definire le singole azioni. Quindi, ai fini dell'esclusione è inapplicabile l'articolo 5-bis, comma 1, del Dlgs 33/2013, secondo cui l'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici inerenti «la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico» (lettera a) e «le relazioni internazionali» (lettera d). Così anche il comma 3, che sottrae all'accesso civico documenti coperti da segreto di Stato.

Le valutazioni
Avallando le posizioni del Tar, il Consiglio di Stato ha reputato comunque inammissibile la richiesta di ordinare al ministero la produzione dei documenti relativi alle riunioni del comitato misto e alle attività di carattere operativo, sottolineando che:
• l'acquisizione di documenti riservati al giudice non può considerarsi ammissibile in quanto contraria alla stessa logica del processo, che deve assicurare il contraddittorio e la parità tra le parti del giudizio;
• il giudice amministrativo non ha gli strumenti per valutare la sussistenza del pregiudizio ad uno degli interessi indicati all'articolo 5-bis, commi 1 e 2, del Dlgs 33/2013;
• a fronte di valutazioni caratterizzate da elevata discrezionalità se non di carattere politico, il sindacato giurisdizionale non può che essere di carattere meramente estrinseco, cioè limitato alla verifica della esistenza della causa di non ostensibilità invocata dall'amministrazione e della astratta riconducibilità dell'atto a quelli che possono interferire con gli interessi tutelati dalla norma.

La sicurezza
Forte di questi assiomi, la conclusione è che la motivazione del diniego è fondata qualora non emergano elementi tali da rendere "implausibile" che i documenti possano interferire con le relazioni intercorrenti tra i Paesi e con l'ordine e la sicurezza pubblica. Tanto più che, nel caso di specie, il diniego è legato all'opportunità di assicurare la riservatezza necessaria ad assicurare l'efficacia delle misure. L'interesse da preservare è infatti quello di non rendere in alcun modo conoscibili gli aspetti del potenziamento delle capacità di intervento delle autorità libiche alle organizzazioni e ai soggetti la cui attività di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina il memorandum è rivolto a contrastare. Né può servire il richiamo alle linee guida Anac n. 1309/2016, posto che esse si limitano a prevedere che anche documenti assunti tramite negoziati con paesi terzi possano essere oggetto di accesso civico, meritando però una valutazione approfondita per non recare pregiudizio alle relazioni internazionali.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 6028/2019

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