Amministratori

Segretari comunali, niente risarcimento danni per la revoca delle funzioni senza fatti specifici

di Amedeo Di Filippo

Impostata per rigettare il ricorso con il quale un segretario comunale chiedeva di essere reintegrato a seguito di revoca per violazione dei doveri di ufficio, la sentenza n. 20842/2019 della sezione lavoro della Corte di cassazione offre spunti importanti sulla disciplina del rapporto di lavoro dei segretari.

Il rapporto di lavoro
La vicenda ha coinvolto un segretario comunale il cui incarico è stato revocato prima della scadenza per violazione dei doveri d'ufficio. Il Tribunale, a cui ha fatto ricorso, ha annullato il provvedimento di revoca, respinto la domanda di reintegra e accolto parzialmente quella risarcitoria. La decisione è stata confermata in appello. È stata quindi chiamata in causa la Suprema Corte che, nell'esaminare il primo motivo relativo al coinvolgimento del ministero dell'Interno nel processo, ripercorre i principi che regolano il rapporto di lavoro dei segretari comunali:
a) il rapporto di impiego è caratterizzato dalla non coincidenza dell'amministrazione datrice di lavoro (Agenzia) con quella che ne utilizza le prestazioni (Comune o Provincia);
b) in ragione di questa distinzione, nelle controversie giudiziarie non sussiste una situazione di litisconsorzio necessario con l'Agenzia;
c) tutti gli atti di gestione del rapporto di lavoro rappresentano manifestazione di poteri propri del privato datore di lavoro;
d) la non coincidenza dell'amministrazione datrice di lavoro con quella presso la quale il segretario presta servizio può tuttavia avere quale conseguenza che entrambi i soggetti siano stati tenuti a cooperare per consentire al dipendente di riprendere la propria prestazione lavorativa e che l'inadempimento di ciascuna delle proprie e specifiche obbligazioni generi l'obbligazione risarcitoria.

La fiduciarietà
La Cassazione ha rilevato che tra cessazione del mandato sindacale e cessazione dell'incarico non vi è alcun automatismo. Ricorda in particolare che la dipendenza funzionale del segretario dall'organo di vertice dell'ente locale si traduce nella configurazione di un rapporto caratterizzato dall'elemento fiduciario, che si esprime nella regola secondo cui la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato, con cessazione automatica dall'incarico con la fine del mandato. Il procedimento di nomina, come la revoca, ha natura negoziale di diritto privato.
Non sussiste dunque alcun diritto soggettivo alla riconferma, posto che il segretario è destinato a cessare automaticamente al mutare del sindaco/presidente, ma c'è la garanzia della stabilità del suo status giuridico ed economico e del suo rapporto d'ufficio restando iscritto all'albo nazionale anche dopo la mancata conferma.

Danno alla professionalità
I giudici poi hanno esaminato il motivo secondo cui la perdita delle mansioni e il collocamento in disponibilità fossero già significativi del danno alla professionalità affermando che, se è vero che il demansionamento può essere foriero di danni alla dignità professionale del lavoratore, è del pari vero che non lo sono di per sè e devono essere dimostrati da chi si ritiene danneggiato.
Il risarcimento del danno professionale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può per questo prescindere da una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio. Non è allora sufficiente a fondare una corretta inferenza presuntiva il semplice richiamo di categorie generali (nel caso di specie la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la gravità del demansionamento, la sua durata), ma occorre una precisa individuazione dei fatti idonei e rilevanti.

La retribuzione
Circa il mancato riconoscimento della maggiorazione della retribuzione di posizione, la Cassazione ha ricordato che il contratto fa riferimento anche a ulteriori condizioni che devono ricorrere affinché possa essere pretesa, con rinvio alla contrattazione decentrata integrativa nazionale in modo che la disposizione contrattuale non può far sorgere il diritto soggettivo a una equiparazione che prescinda del tutto dalla disponibilità delle risorse, perché ciò equivarrebbe a legittimare spese non compatibili con le capacità dell'ente.

La sentenza della Corte di cassazione n. 20842/2019

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