Amministratori

Illegittimi i Cococo negli uffici di staff

di Vincenzo Giannotti

Le disposizioni legislative e regolamentari prevedono la possibilità per gli enti locali di costituire uffici di supporto agli organi di direzione politica (uffici cosiddetti di staff), posti alle dirette dipendenze del sindaco o degli organi politici per svolgere esclusivamente le funzioni di indirizzo e di controllo attribuite dalla legge ai medesimi organi che se ne avvalgono. In merito al personale da assumere, oltre a quello interno, l'articolo 90 del testo unico prevede, salvo per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, la possibilità di impiegare «collaboratori» assunti con contratto a tempo determinato. Secondo un ente locale il termine collaboratore avrebbe dovuto includere anche le collaborazioni coordinate e continuative, di parere opposto i giudici contabili che, sia in primo grado sia in appello (Corte dei conti, terza sezione, sentenza n. 154/2019), hanno condannato il sindaco e il segretario comunale per danno erariale in considerazione della sola possibilità riconosciuta dall'ordinamento di assumere quel personale con contratto di lavoro subordinato e non autonomo.

La vicenda
Un sindaco e un segretario comunale, condannati in primo grado dalla Corte dei conti per il danno erariale causato dall'assunzione di un ex funzionario del Comune nello staff del sindaco con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, hanno proposto ricorso al giudice contabile di appello. A sostegno delle loro tesi, hanno evidenziato che l'articolo 90 del Tuel non vieterebbe l'instaurazione di altre tipologie di rapporto di lavoro che non siano quelle riconducibili al lavoro subordinato, mentre consentirebbe una scelta alternativa tra dipendenti dell'ente ovvero collaboratori assunti con contratto a tempo determinato. Il termine «collaboratore», usato dal legislatore, sarebbe compatibile anche con il contratto di collaborazione coordinata e continuativa stante le precise indicazioni anche del Dipartimento della Funzione Pubblica (circolari n. 5/2006 e n. 4/2014) che consentirebbe ai sindaci e ai presidenti di Provincia di assumere soggetti esterni in rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, con tempo e a retribuzione determinata. In altri termini, solo al personale interno si applicherebbe la normativa del lavoro subordinato, mentre per i collaboratori esterni la remunerazione da prendere in riferimento dovrebbe essere quella del contratto collettivo con libertà di assunzione con altre forme flessibili una volta stabilito il limite di corrispondenza del contratto di riferimento.

La conferma della Corte d'appello
I giudici contabili d'appello, confermando la sentenza di primo grado, hanno rilevato in via preliminare come, trattandosi di un ex dipendente, la persona assunta avrebbe potuto rivestire la carica di staff quale collaboratrice esterna, ma esclusivamente con contratto di lavoro subordinato e non con un contratto di lavoro autonomo. A supporto di questa interpretazione è la stessa legge, confermata da tempo dalla giurisprudenza contabile, che impone l'applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali. Infatti, l'assunzione a tempo determinato prevista dall'articolo 90 del Tuel non coincide con il conferimento di incarichi in senso stretto (articolo 7 del Dlgs 165/2001) e con la stipula di contratti di collaborazione continuativa di natura autonoma, mentre impone la stipula di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato e l'applicazione del contratto (tra le tante, Sezione II, sentenza n. 538/2014; Sezione III n. 122 e 352 del 2017).
Per quanto riguarda, infine, al visto contabile espresso dal responsabile finanziario, il Collegio di appello ha detto che, nel caso di specie, non si discute della copertura finanziaria ma della legittimità della tipologia del contratto utilizzato contra legem, con la conseguenza che l'esistenza del visto di regolarità contabile non sottrae da responsabilità erariale per colpa grave il segretario, il quale, nel suo ruolo di consulente giuridico-amministrativo dell'ente bene avrebbe potuto (e dovuto) motivare il dissenso per gli evidenti profili di illegittimità del contratto aventi una diretta ricaduta sul piano finanziario.

La sentenza della Corte dei conti n. 154/2019

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