Amministratori

No al Foia se i documenti contengono le firme autografe dei titolari di concessioni comunali

di Pietro Alessio Palumbo

Non è possibile l'accesso civico alla documentazione che contiene le firme autografe dei titolari di concessioni comunali. L'indiscriminata circolazione delle firme autografe insieme ai dati personali contenuti in queste tipologie di documenti mette concretamente a rischio il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei controinteressati, con particolare riferimento alla salvaguardia della riservatezza e dell'identità personale. È invece possibile accordare un permesso di accesso parziale a quella documentazione per mezzo di un elenco con i dati delle concessioni e degli scopi per cui le stesse sono state rilasciate. Tuttavia si badi ancora: la modalità è legittima sempreché l'accesso non sia comunque «paralizzante» per l'attività dell'ente a causa del carico di lavoro che può ingenerare gravando sul funzionamento dell'amministrazione, come nel caso di una richiesta massiva, chiaramente sproporzionata e irragionevole rispetto allo scopo dialettico e partecipativo per cui è stato codificato il giovane istituto del Foia. Con il provvedimento n. 179/2019 il Garante per la Protezione dei dati personali traccia limiti significativi per le richieste di accesso civico ai provvedimenti concessori degli enti locali.

La vicenda
Un Comune si vedeva recapitata una richiesta di accesso civico a tutti gli atti di concessione demaniale di stabilimenti e chioschi degli ultimi vent'anni. Veniva richiesta copia di tutte le concessioni per atto formale complete di allegati rilasciate dall'ente. Il Comune ha rigettato la richiesta per tre motivi principali: la documentazione era già accessibile sul portale dell'ente attraverso apposite credenziali da rilasciare a richiesta; la soddisfazione completa dell'istanza avrebbe richiesto l'impegno operativo da pregiudicare il buon funzionamento dell'ente; sussisteva il pericolo di danno alla protezione dei dati riservati e agli interessi economici e commerciali dei titolari. L'ente riscontrava solo parzialmente l'istanza per mezzo di un elenco contenente i dati delle concessioni, del canone annuo richiesto, del nome dell'attività e sua ubicazione, delle motivazioni a base dei provvedimenti concessori. Il caparbio richiedente ha interpellato con istanza di riesame il responsabile per la trasparenza e l'anticorruzione del Comune che a sua volta formulava interpello al Garante Privacy.

Le osservazioni del Garante
I dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico, a differenza di quelli che si ricevono tramite l'accesso tradizionale, diventano pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente e di utilizzarli, sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalle norme in materia di protezione dei dati personali. Di conseguenza è anche alla luce di tale dilatato regime di pubblicità dell'accesso civico che va valutata da parte dell'ente coinvolto l'esistenza di un tangibile pregiudizio alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati. Oltre a ciò, la valutazione dell'ostensione di dati personali nell'ambito del procedimento di accesso civico deve essere effettata nel rispetto dei principio minimizzazione dei dati, secondo il quale i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto strettamente necessario rispetto alle finalità per le quali devono essere trattati; in altre parole, in modo che non si realizzi un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui tali dati si riferiscono. Ciò è più rilevante quando, proprio come nel caso di specie, la richiesta di accesso ha a oggetto un imponente volume di dati e informazioni personali, poichè l'amministrazione è tenuta a consentire l'accesso generalizzato a meno che la richiesta risulti emulativa, in buona sostanza configurandosi quale abuso di diritto.

Provvedimento del Garante per la Protezione dei dati personali n. 179/2019

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