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La Consulta boccia le «leggi-proclama» regionali con una copertura delle spese incerta

di Andrea Alberto Moramarco

La legge della Regione Abruzzo n. 28/2018 sulla ricostruzione de L'Aquila è incostituzionale perché non individua le coperture per le spese ivi indicate, ponendosi così in contrasto con l'articolo 81 comma 3 della Costituzione. Ad affermarlo è la Corte costituzionale con la sentenza n. 227/2019, depositata ieri, con la quale i giudici delle leggi hanno ritenuto illegittimo l'intero articolato della legge censurata, la quale «esprime una mera ipotesi politica, la cui fattibilità giuridica ed economico-finanziaria non è supportata neppure da una schematica relazione tecnica».

Il giudizio di legittimità costituzionale
La legge regionale abruzzese, recante «Abruzzo 2019 - Una legge per L'Aquila Capoluogo: attraverso una ricostruzione, la costruzione di un modello di sviluppo sul concetto di Benessere Equo e Sostenibile – BES», veniva portata all'attenzione della Consulta nella sua interezza dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per violazione del principio imposto dall'articolo 81 comma 3 della Costituzione, per il quale «ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». In particolare, la legge in questione non indicava i mezzi per fronteggiare i nuovi oneri, ovvero indicava mezzi di copertura solo potenziali o non corrispondenti ad alcuna effettiva risorsa, risultando così priva di «quella chiarezza finanziaria minima, indispensabile per una copertura effettiva e giuridicamente valida».

Lo stop della Consulta alle leggi-proclama regionali
La Corte costituzionale condivide la tesi della Presidenza del Consiglio e con una rigorosa pronuncia prova a mettere fine alla pratica di interventi legislativi privi delle risorse necessarie per fronteggiare gli interventi in essi dichiarati. Analizzando le risorse indicate nella legge, i giudici costituzionali ritengono inesistenti le coperture finanziarie, in assenza di studi di fattibilità tecnica e economica e di puntuali indicazioni che accompagnano il testo normativo. Ciò, afferma la Corte, si pone in contrasto con l'articolo 81 della Costituzione«il cui accentuato rigore rispetto al passato trova una delle principali ragioni proprio nell'esigenza di evitare leggi-proclama sul futuro, del tutto carenti di soluzioni attendibili e quindi inidonee al controllo democratico ex ante ed ex post degli elettori». Il Collegio poi, richiamandosi ai principi della contabilità pubblica, rincara la dose ribadendo il concetto che ogni intervento programmato deve essere sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse, in quanto «copertura economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della stessa medaglia». In definitiva, chiosano i giudici, l'assenza di una puntuale e specifica indicazione della copertura finanziaria delle spese, che deve «indefettibilmente avere un fondamento giuridico», rende qualsiasi legge, come nel caso di specie, un proclama o una mera ipotesi politica.

La sentenza della Corte costituzionale n. 227/2019

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