Amministratori

Il datore può accedere alla denuncia del proprio dipendente all'ispettorato del lavoro

di Daniela Dattola

Il combinato disposto degli articoli 24 comma 6 della Legge 241/1990, 2 comma 1 lettera c) e 3 comma 1 lettera c) del Dm Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale 757/1994 non pone per il datore di lavoro un divieto assoluto e generalizzato di accesso alle denunce presentate dal proprio dipendente all’Ispettorato Territoriale del lavoro (Itl) e neppure ai conseguenti verbali ispettivi.c
Le norme in esame limitano infatti la conoscibilità diretta di tali atti soltanto se dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie, indebite pressioni o, più in generale, pregiudizi, ai diritti dei lavoratori.
Pericolo da ritenersi però palesemente insussistente se il rapporto di lavoro dei soggetti le cui dichiarazioni sono state prese a verbale è cessato nel momento in cui l’istante chiede l’ostensione degli atti. Lo ha ribadito il Tar Emilia Romagna - Bologna, sezione II, sentenza 866/2019.

Il caso
Il ricorrente datore di lavoro, previo accertamento e declaratoria del proprio diritto di accesso agli atti sotto specificati e condanna dell’Itl all’ostensione della richiesta d’intervento presentata a detto Ente da un proprio dipendente, ha chiesto l’annullamento del provvedimento:
- dell’Itl che ha rigetto la sua istanza di accesso agli atti del procedimento amministrativo avviato dal dipendente tramite denuncia;
- della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nella parte in cui ha rigettato il suo ricorso relativo alla richiesta di accesso e di estrazione di copia della richiesta d’intervento presentata dal dipendente;
- dell’Itl che, adeguandosi alla decisione della Commissione di cui sopra, ha revocato il proprio precedente provvedimento ed accolto la richiesta dell’istante nella parte in cui ha escluso dall’accesso la copia della denuncia-richiesta d’intervento del lavoratore subordinato.

Il motivo di ricorso
A sostegno dell’impugnazione, il ricorrente ha lamentato il fatto che tra gli atti sottratti all’accesso, di cui all’articolo 24, Legge 241/1990, rientrerebbero sì le richieste di intervento dell’Ispettorato del Lavoro, “… ma che lo sarebbero per un periodo limitato (e dunque finché perduri il rapporto di lavoro)”.

La sentenza
Il Collegio ha ritenuto la doglianza condivisibile ed ha dunque ordinato all’Amministrazione l’ostensione degli atti, pur rilevando preliminarmente che “… è pacifico l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non è automatica l’ostensione dell’atto alla cessazione del rapporto di lavoro e che il giudice deve operare una valutazione caso per caso” (cfr Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 1604/1996).
Ciò posto, il Tar ha però fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale, giudicato percorribile nel caso di specie, secondo cui le norme ostative all’accesso presuppongono pur sempre un “… effettivo pericolo di pregiudizio per i lavoratori o per i terzi, sulla base di elementi di fatto concreti, e non per presunzione assoluta” (Tar Puglia, Lecce, sezione II, sentenza 57/2017).
Pericolo che, in base all’articolo 3 comma 1 lettera c), Dm Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale 757/1994, è del tutto insussistente allorché il rapporto di lavoro del soggetto denunciante e/o verbalizzato sia cessato nel momento in cui l’interessato presenta l’istanza (cfr Tar Toscana, Firenze, sezione I, sentenza 770/2018, la quale ha concluso nel senso che “nelle predette ipotesi, non essendovi esigenze di riservatezza da tutelare mediante la deroga all’obbligo di trasparenza, il diritto di accesso si riespande nella sua pienezza con la conseguenza che l’interesse che giustifica l’istanza non deve necessariamente basarsi su una specifica esigenza difensiva …).

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