Amministratori

Accesso all'algoritmo, il programmatore va qualificato come controinteressato

di Agostino Sola

Quando l’istanza di accesso agli atti amministrativi ha ad oggetto un algoritmo, si è in presenza di una regola tecnica, frutto dell’attività creativa del programmatore, protetta dal suo titolare e suscettibile di valutazione economica. Pertanto, a prescindere dalla possibilità sia di qualificare l’algoritmo quale documento amministrativo suscettibile di accesso, sia di accordare prevalenza alle esigenze di trasparenza amministrativa rispetto a quelle di riservatezza della parte controinteressata, è pregiudiziale la necessità di qualificare l’ideatore di un algoritmo oggetto di istanza di accesso come parte controinteressata all’ostensione, potendo questi, in caso di esibizione, vedere compromesso il diritto a mantenere segreta la regola tecnica in cui si sostanzia la propria creazione. È quanto afferma il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza n. 30/2020.

La vicenda
I ricorrenti avevano partecipato ad un corso-concorso indetto dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali.  
I ricorrenti, in particolare, affrontavano la prova scritta con esito negativo, e, ritenendo che ciò fosse dipeso da un funzionamento del software che gestiva la prova, al fine di verificarne il corretto funzionamento, presentavano una richiesta di accesso agli atti amministrativi comprendente, per quanto qui interessa, la presa visione dell’algoritmo di calcolo e dei codici sorgente che hanno gestito il software relativo alla prova scritta.
La richiesta di accesso veniva rigettata dal Miur e contro tale diniego veniva proposto ricorso innanzi al Tar Lazio, il quale accoglieva le doglianze dei ricorrenti ritenendo sussistente la legittimazione all’accesso dei ricorrenti e qualificando il codice sorgente dell’algoritmo quale documento amministrativo ex articolo 22 legge n. 241/1990.
Avverso tale sentenza veniva proposto appello da parte del Ministero, lamentando, tra gli altri motivi, la mancata notificazione del ricorso al controinteressato, Cineca, in quanto ideatore del software, e l’impossibilità di qualificare detto software quale documento amministrativo.
Il Consiglio di Stato, rilevando la mancata integrazione del contraddittorio in primo grado nei confronti del controinteressato, Cineca, ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata con contestuale rinvio al primo Giudice.

L’algoritmizzazione dell’attività amministrativa
La sentenza in commento affronta una delle tante sfaccettature del tema, invero di grande interesse ed attenzione, dell’utilizzazione di algoritmi da parte della pubblica amministrazione.
Per algoritmo deve intendersi quel determinato software che, tramite apposita programmazione – a mezzo dei cosiddetti codici sorgente -, è in grado di elaborare i dati inseriti (inputs), trasformandoli (e rendendoli, così, outputs).
L’algoritmo, dunque, volendo essere estremamente sintetici, consiste nella traduzione in termini matematici di processi, che matematici non sono, tramite una sequenza ordinata di operazioni di calcolo.
L’utilizzazione di algoritmi da parte della pubblica amministrazione è stata da sempre osservata con grande entusiasmoda parte della dottrina e della giurisprudenza che ne hanno sempre sottolineato l’importanza per apportare benefici in termini di maggior efficienza e maggior neutralità dell’azione amministrativa.
Nonostante ciò, comunque, l’utilizzo di procedure informatizzate non può essere motivo di elusione dei princìpi che regolano lo svolgersi dell’attività amministrativa; l’algoritmo, infatti, definito quale modulo organizzativo, rimarrà soggetto alle verifiche tipiche di ogni procedimento amministrativo, con particolare riferimento anche alla norma attributiva del potere.
Ciò che rimane, allo stato, dibattuto, e la sentenza in commento lo conferma, è la possibilità di esperire utilmente il diritto di accesso con riferimento all’algoritmo. Tale profilo, infatti, necessita di ulteriori e rilevanti riflessioni in tema di tutela della proprietà intellettuale atteso che l’ideazione di un algoritmo ben può essere considerata quale opera dell’ingegno e, quindi, esclusa dal regime dell’accesso.
La questione viene affrontata anche dal Consiglio di Stato, sentenza n. 8472/2019, §13.1, nel senso che «non può assumere rilievo l’invocata riservatezza delle imprese produttrici dei meccanismi informatici utilizzati i quali, ponendo al servizio del potere autoritativo tali strumenti, all’evidenza ne accettano le relative conseguenze in termini di necessaria trasparenza». Si segnala, sul tema, anche il precedente offerto da Tar Roma, (Lazio), sez. III, 21 marzo 2017, n. 3742. Tuttavia, in tale occasione il Tar ha precisato che gli istituti di proprietà intellettuale non ostano all’accesso alle sottostanti informazioni sotto forma di visione ed estrazione di copia se e nella misura in cui tali azioni siano funzionali e proporzionate alla tutela degli interessi legittimi di chi richiede l’accesso in ragione del fatto che la disciplina dettata a tutela del diritto di autore e della proprietà intellettuale è funzionale a garantire gli interessi economici dell’autore ovvero del titolare dell’opera intellettuale, mentre la normativa sull’accesso agli atti è funzionale a garantire altri interessi e, in questi limiti, deve essere consentita la visione e anche l’estrazione di copia.

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